Life Science: terapie digitali e innovazione trasformano il settore

Nel medio-lungo termine telemedicina, sensori, robotica chirurgica, Intelligenza artificiale e terapie digitali (DTx) permetteranno di imprimere un cambiamento significativo al settore Life Science.
Tra i principali ambiti d’innovazione abilitati dalle tecnologie digitali, le DTx già oggi stanno contribuendo a trasformare in maniera rilevante il settore Life Science. Si tratta di soluzioni validate clinicamente per integrare o sostituire le terapie tradizionali, perché capaci di migliorare il percorso del paziente e rendere più efficaci i trattamenti, tanto che 7 pazienti su 10 sarebbero propensi a utilizzarle per il trattamento della propria patologia. A quanto emerge dalla ricerca dell’Osservatorio Life Science Innovation della School of Management del Politecnico di Milano, un terzo delle aziende Life Science italiane sta già investendo in questo ambito. Ma 9 aziende su 10 considerano l’assenza di rimborsabilità da parte del SSN l’ostacolo principale alla sostenibilità finanziaria delle DTx in Italia.

Dalla psichiatria all’endocrinologia alla reumatologia

L’Osservatorio ha censito 62 terapie digitali attualmente in commercio a livello internazionale, utilizzabili per il trattamento di varie patologie.
Il 47% delle soluzioni analizzate si riferisce all’area psichiatrica, principalmente per la gestione di ansia e dipendenze. Non mancano però applicazioni nel campo dell’endocrinologia (11%), rivolte a pazienti affetti da obesità o diabete, e della reumatologia (10%) per il trattamento del dolore cronico.
Quanto ai modelli di business delle attuali DTx in commercio, quello maggiormente diffuso è di tipo B2B. Tale modello prevede il rimborso della DTx da parte di assicurazioni previa prescrizione medica. La modalità di erogazione più diffusa (oltre una su due) è quella cosiddetta stand-alone, che prevede l’utilizzo della DTx in modo indipendente.
Una terapia digitale su quattro è invece associata a un trattamento farmacologico, solitamente con l’obiettivo di ottimizzarlo aumentandone efficacia e aderenza (circa 25%).

L’impatto delle tecnologie immersive sul settore sanitario

Un altro ambito di innovazione che avrà un impatto rilevante sul settore Life Science è quello delle tecnologie immersive. La realtà estesa, che comprende realtà aumentata, mista e virtuale, sta infatti producendo un impatto rilevante anche sul settore sanitario, suscitando curiosità e interesse nei pazienti.  Il 49% dei pazienti sarebbe interessato a utilizzare applicazioni di realtà virtuale o aumentata per il miglioramento del proprio stato di salute o per il trattamento della propria patologia. 

L’impiego della robotica oltre la sala operatoria

La robotica chirurgica rappresenta un ambito di innovazione che produce un impatto sul settore già da diverso tempo. La robotica chirurgica permette di eseguire interventi precisi e minimamente invasivi, migliorando i risultati clinici e favorendo la ripresa post-operatoria del paziente e riducendo i tempi di riabilitazione.
Secondo l’80% delle aziende del settore Life Science e il 68% dei professionisti sanitari, si diffonderanno nel lungo periodo (5-10 anni) anche la robotica assistiva, che supporta le persone con disabilità o limitazioni fisiche, e quella riabilitativa, in cui i robot vengono impiegati come elementi essenziali della terapia.

L’uso clinico della medicina in silico

Secondo le aziende del settore Life Science anche la medicina in silico avrà un impatto molto rilevante, ma si prevede che possa diffondersi nel medio-lungo periodo (oltre 3 anni).
L’ambito della medicina in silico fa riferimento a tecnologie e modelli matematici per l’uso clinico. Ad esempio, si parla di digital twin quando queste tecnologie sono utilizzate per supportare decisioni mediche, come diagnosi o trattamenti, per un singolo paziente, portando a una maggiore personalizzazione e riducendo la necessità di effettuare esami invasivi.

Mini piscina con idromassaggio in attico

Un attico è proprio il posto ideale in cui creare un’oasi di relax che sia sempre a tua disposizione: pensa alla comodità di avere una mini piscina idromassaggio pronta a coccolarti in ogni momento, non sarebbe fantastico?

Queste mini piscine da esterno sono progettate infatti per adattarsi anche ad aree ristrette come quelle degli attici, offrendo ugualmente un’esperienza pari a quella di una SPA.

Tra l’altro, come vedremo a breve, gli optional a disposizione consentono di ottenere un benessere anche maggiore ed un impatto visivo in grado di trasmettere lusso, motivo per il quale questa soluzione è sempre più apprezzata e ricercata.

Cosa sono le mini-piscine idromassaggio e quali vantaggi offrono?

Le mini piscine idromassaggio sono piccole vasche che includono anche un sistema di idromassaggio integrato. Questi sistemi di idromassaggio utilizzano getti d’aria e acqua per massaggiare il corpo, migliorando la circolazione sanguigna e riducendo lo stress.

Esse sono progettate per essere installate anche su terrazze o comunque aree in cui gli spazi sono limitati, come appunto capita di solito in un attico. Tra l’altro sono disponibili in diverse dimensioni e forme, il che consente loro di adattarsi alle esigenze di ogni cliente.

Per quel che riguarda i vantaggi che una piscina jacuzzi da esterno può offrire, in primo luogo possiamo parlare dell’esperienza di relax e benessere che è possibile regalarsi in qualsiasi momento, senza dover andare in un centro benessere o SPA.

Invece, una delle cose cui solitamente non si pensa, è che queste piscine da esterno possono essere utilizzate in qualsiasi stagione dell’anno e non soltanto d’Estate, grazie al sistema di riscaldamento integrato.

A parte questo, il loro design fine e accattivante le rende un elemento molto valido esteticamente ed in grado di apportare del valore ad ogni tipo di ambiente in cui vengono installate.

Design moderno ed elegante

Le mini piscine idromassaggio presentano un design moderno che si integra perfettamente con qualsiasi stile architettonico.

Sono appariscenti, grazie anche al sistema di luci a led per cromoterapia di cui dispongono, e possono essere personalizzate per soddisfare le esigenze di ciascuno.

La resistenza alle intemperie e durata nel tempo è garantita dai materiali solidi e robusti (oltre che di qualità ) con i quali vengono realizzate, ma non solo. La pratica copertura isotermica rigida consente infatti di preservare la vasca dall’azione del sole e da eventuale grandine o neve.

Fattibilità dell’installazione di una mini-piscina in un attico

Una mini piscina con idromassaggio può essere installata anche in un’area ristretta come quella di un attico, ma è importante considerare prima alcuni fattori come la portata del tetto, la capacità di carico e la necessità di un permesso edilizio in base ai vari regolamenti comunali.

È importante a prescindere consultare dunque un professionista o azienda specializzata per valutare la fattibilità dell’installazione e garantire la sicurezza della struttura.

Il sistema di filtraggio dell’acqua

Il sistema di filtraggio è essenziale per mantenere sempre pulita l’acqua di una mini piscina.

Esistono diversi tipi di sistemi di filtri come quelli a sabbia, a cartuccia o a diatomee, che possono fare in modo da garantirti sempre acqua pulita e igienicamente sicura.

Inoltre, il motore che aziona la pompa garantisce sempre una circolazione efficace dell’acqua ed un’esperienza piacevole e confortevole con l’idromassaggio.

Manutenzione della piscina

La manutenzione della mini piscina è essenziale per garantirsi sempre una pulizia ottimale e un’acqua sicura dal punto di vista batteriologico.

Le azioni di manutenzione più importanti da parte nostra in tale senso, dunque fondamentali per la cura della nostra mini piscina, sono principalmente il monitoraggio del pH e dell’equilibrio chimico dell’acqua, la pulizia regolare della vasca e la sostituzione del filtro.

È importante eseguire tutte queste azioni, così come consigliano le istruzioni del produttore, in maniera periodica nel corso dell’anno.

Conclusione

Per concludere, possiamo affermare che una mini piscina idromassaggio in attico offra veramente un’esperienza di relax e benessere senza eguali, e che fai bene a pensare di farne installare una.

Il mercato offre tante possibilità di scelta per quel che riguarda design ed optional, ma ricorda innanzitutto di valutare la fattibilità dell’installazione consultando un professionista o azienda specializzata.

Le cyber truffe sfruttano le vacanze: come evitare brutte sorprese?

I ricercatori di Kaspersky hanno analizzato le truffe più diffuse online, e hanno scoperto che alcuni siti web fraudolenti offrono voli aerei a basso costo per sottrarre denaro o informazioni personali ai viaggiatori. Ovviamente, senza fornire i biglietti prenotati. Si tratta di pagine di phishing ben realizzate, che spesso imitano noti servizi di compagnie aeree e aggregatori di biglietti. In alcuni casi mostrano perfino i dettagli reali dei voli, inviando richieste di ricerca ad aggregatori legittimi e riportando le informazioni ricevute. Ma oltre ai biglietti aerei fasulli, spesso la truffa si nasconde anche dietro ad alloggi troppo belli per essere veri, oppure a sondaggi a tema viaggi e vacanze. I ricercatori di Kaspersky mettono in guardia i viaggiatori, e offrono alcuni consigli per evitare le cyber truffe, e prenotare una vacanza in tutta sicurezza.

Location affascinanti (e inesistenti) a prezzi imbattibili  

I cyber criminali creano anche annunci su piattaforme popolari, mostrando foto affascinanti e offrendo prezzi bassi per attirare i viaggiatori. Ovviamente, una volta effettuati prenotazione e pagamento l’alloggio si rivela inesistente.
Anche le prenotazioni alberghiere non sono esenti dalle truffe. Attraverso siti web falsi, che imitano piattaforme legittime di hotel booking, i truffatori invitano gli utenti ad accedere con le loro credenziali di Facebook o Google, ottenendo così l’accesso non autorizzato a social media o account email delle vittime per furti di identità, transazioni non autorizzate e altre attività dannose. Ma esistono anche siti web o email ingannevoli che invitano a completare un sondaggio di viaggio per ottenere una ricompensa sostanziosa. Con la scusa dei requisiti di idoneità o la promessa di premi mai consegnati, i criminali raccolgono i dati personali delle vittime, che spesso vengono utilizzate come strumento per diffondere la truffa, invitandole alla condivisione del sito.

Diffidare dei siti che chiedono troppe informazioni personali

Per pianificare una vacanza sicura, gli esperti di Kaspersky consigliano di utilizzare solo piattaforme di prenotazione di viaggi, voli aerei e siti web di hotel conosciuti e affidabili. Diffidare di siti sconosciuti e sospetti che offrono prezzi incredibilmente bassi o che chiedono troppe informazioni personali. Inoltre, prima di effettuare transazioni o fornire dati personali, è importante controllare due volte che l’URL sia sicuro (https e icona del lucchetto).

L’importanza delle recensioni

Prestare poi sempre attenzione ai siti che contengono piccoli errori di ortografia o nomi di dominio insoliti, poiché potrebbero indicare attività fraudolente. Un altro consiglio è quello di effettuare sempre e solo ricerche su strutture ricettive, compagnie aeree o agenzie di viaggio, che si intendono utilizzare e controllare le recensioni.
Grazie alle recensioni di fonti affidabili è possibile avere un’idea dell’esperienza degli altri viaggiatori e individuare eventuali segnali di pericolo. Utilizzare poi una soluzione di sicurezza: una soluzione di sicurezza affidabile, come Kaspersky Premium, garantisce una protezione completa da tutte le forme di truffe conosciute e non, tra cui il phishing.

Dall’impreparazione alla negazione: le aziende e la fuga di dati nella Darknet

Quando si tratta di incidenti legati alle fughe di dati emerge chiaramente l’impreparazione, la mancanza di volontà e la negligenza delle vittime aziendali. Il team Digital Footprint Intelligence di Kaspersky ha presentato i risultati dell’iniziativa di monitoraggio delle fughe di informazioni sulla darknet svolta nel 2022. Gli esperti hanno analizzato i post sul Darkweb che offrivano l’accesso ad aziende, la vendita di database o account compromessi e altri incidenti critici, notificandoli alle vittime. Le aziende europee sono state le più colpite, ma i risultati a livello mondiale dell’iniziativa hanno rivelato una tendenza preoccupante: il 42% delle aziende non ha un responsabile specifico per gli incidenti informatici, mentre il 28% mostra indifferenza e il 2% nega gli incidenti.

Rischio di sanzioni, perdita di fiducia e danni finanziari

Una negligenza che espone al rischio di sanzioni, perdita di fiducia e danni finanziari. Ed è particolarmente rilevante per l’Europa, dove la normativa GDPR è molto severa.Fortunatamente, il 22% ha risposto in modo appropriato, acquisendo le informazioni e affrontando i rischi, mentre il 6% ha effettuato un monitoraggio e un rilevamento proattivo, indicando di essere già a conoscenza dell’incidente.

Le più colpite da fughe di dati sono le aziende europee

A livello globale sono 258 le aziende che hanno ricevuto segnalazioni di incidenti. Le più colpite da fughe di dati sono state quelle europee, con oltre il 25% delle notifiche (o 66 segnalazioni di incidenti) critiche e sensibili al fattore temporale, che richiedevano un’attenzione immediata. Gli incidenti che riguardavano dati falsi, pubblici o generici non sono stati oggetto del report. Il monitoraggio è stato condotto su forum e blog del Dark Web, oltre a canali Telegram segreti. Per evitare accessi non autorizzati all’infrastruttura delle aziende vittime, i dati compromessi non sono stati verificati in alcun modo.

“Solo un terzo delle aziende ha reagito in modo adeguato”

“I risultati della nostra iniziativa sulle reazioni delle aziende alla compromissione dei dati nella Darknet sono piuttosto scoraggianti – ha commentato Yuliya Novikova, Head of Digital Footprint Intelligence -. Solo un terzo delle aziende ha reagito in modo adeguato, mentre la maggior parte sembra essere stata travolta da un turbine di emozioni che vanno dall’ignoranza alla negazione fino all’impotenza. Mentre in passato il monitoraggio della Darknet poteva sembrare complesso, la situazione attuale si sta evolvendo. È ora diventato una fonte preziosa e accessibile di dati di threat intelligence per i professionisti della cybersecurity, tra cui analisti CTI e SOC e molti altri. Questa risorsa consente di reagire immediatamente agli incidenti di sicurezza come le offerte di vendita dell’accesso ai sistemi aziendali o le fughe di dati, contribuendo in ultima analisi a prevenire le violazioni di dati”.

L’Italia è nella top 10 degli investitori esteri

Anche nel 2023 l’Italia si colloca al 9° posto nella graduatoria del Super Index Aibe, che misura l’attrattività dei Paesi del G20 per gli investitori internazionali. Rispetto al 2022 migliora il punteggio complessivo (55,2 punti su 100 rispetto ai 38,8), superiore al punteggio medio (51,2), ma inferiore ai Paesi con le migliori performance (Germania, Corea del Sud, Canada e Regno Unito).
Il livello di attrattività dell’Italia può contare sulle performance positive nell’export (5° posto), capitale umano disponibile (8°), logistica (7°) e sostenibilità ambientale (5°). Al contrario, emergono ancora criticità per quanto riguarda l’adeguatezza delle procedure per ‘fare impresa’, gli adempimenti fiscali, la percezione della corruzione, i processi di digitalizzazione, e stato di diritto, ambiti in cu l’Italia è al 9° posto.

Cosa frena la crescita globale

È quanto emerge dall’Osservatorio sull’attrattività dell’Italia presso gli investitori esteri (primavera 2023) realizzato dal Censis per Aibe (Associazione Italiana delle Banche Estere). Le stime del Fondo monetario internazionale sulla crescita globale per il 2023 hanno registrato tra gennaio e aprile una revisione al ribasso (dal 2,9% di inizio anno al 2,8% attuale). Le opinioni raccolte da Aibe nel mese di aprile sui fattori che condizionano maggiormente la crescita convergono su due aspetti: la politica dei tassi d’interesse adottata da Fed e Bce, e la durata per tutto il 2023 di un’alta inflazione. Meno rilevante, il prolungamento della guerra in Ucraina, nei confronti della quale sembrerebbe che gli effetti dirompenti emersi all’inizio del conflitto siano stati in parte riassorbiti.

Cosa frena la crescita in Italia

Per la maggioranza del panel, il fattore che oggi condiziona maggiormente la crescita in Italia è costituito dai ritardi di attuazione del Pnrr, oltre all’eccesso di indebitamento pubblico, dovuto alle misure di contenimento dei prezzi dei prodotti energetici, e alle politiche di stimolo dell’attività economica varate nei mesi scorsi. Segue l’incertezza politica, che indebolisce l’azione del Governo in campo economico e nelle riforme, e la debolezza della domanda interna.
Le cause del basso potenziale di crescita per l’Italia sono quindi da ricercare all’interno del Paese e da attribuire alla scarsa capacità di sfruttare opportunità uniche come le ingenti risorse finanziarie messe a disposizione dall’Unione europea per risollevare i sistemi economici e sociali europei dalla crisi prodotta dalla pandemia.

Cosa disincentiva gli investimenti esteri

L’Italia occupa il 17° posto in graduatoria per quanto riguarda la quota percentuale dei flussi di investimenti esteri in entrata rispetto al Pil. Secondo le opinioni del panel di esperti internazionali, la performance non pienamente positiva del nostro Paese dipende dalle caratteristiche del sistema produttivo italiano, fortemente incentrato sulla piccola dimensione d’impresa, che non favorisce l’ingresso di capitali dall’estero. Tra le altre cause, la ridotta capacità competitiva del settore terziario, soprattutto se confrontato con il manifatturiero, riconosciuto invece come in grado di garantire un ritorno positivo degli investimenti.

PMI, i cybercriminali approfittano dei dipendenti. Che fare?

Molte piccole e medie imprese non adottano soluzioni di sicurezza informatica perché non ritengono di essere potenziali obiettivi dei cybercriminali. Tuttavia, un recente studio riporta che quasi il 46% degli attacchi informatici sono diretti proprio alle PMI. Secondo i dati del World Economic Forum, il 95% delle violazioni della sicurezza informatica sono attribuibili a errori umani. Appare quindi evidente da questi dati che le piccole e medie imprese potrebbero non essere consapevoli del fatto che i loro dipendenti, sia involontariamente sia intenzionalmente, possano causare danni alla sicurezza aziendale. Comportamenti inappropriati rischiano di portare a perdite finanziarie, danni alla reputazione e una diminuzione della produttività aziendale. Gli esperti di Kaspersky sottolineano quindi la necessità di verificare come la negligenza dei dipendenti – o peggio azioni volontarie degli stessi – possano influire sulla cybersecurity delle PMI.

Quasi il 22% delle violazioni dei dati nelle PMI è causato dai dipendenti

Secondo la ricerca “Kaspersky 2022 IT Security Economics”, che ha coinvolto oltre 3.000 responsabili della sicurezza informatica provenienti da più di 26 paesi, quasi il 22% delle violazioni dei dati nelle PMI è causato dai dipendenti. La stessa percentuale è attribuibile agli attacchi informatici, il che rende i dipendenti quasi altrettanto pericolosi degli hacker. Questo accade principalmente a causa della negligenza o della mancanza di consapevolezza da parte degli stessi collaboratori. Comportamenti inconsapevoli da parte dei dipendenti possono causare gravi violazioni e compromettere la sicurezza delle piccole e medie imprese. 

I principali rischi

1. Password deboli: i dipendenti potrebbero utilizzare password facili da indovinare, consentendo ai criminali informatici di danneggiare facilmente il sistema e accedere a dati sensibili. Esiste addirittura una lista delle password più comuni utilizzate dagli hacker.
2. Truffe di phishing: i dipendenti potrebbero accidentalmente cliccare su link di phishing nelle email, consentendo l’infezione da malware e l’accesso non autorizzato alla rete. La maggior parte degli aggressori è in grado di imitare gli indirizzi email di società legittime, inviando email con allegati che in realtà sono malware. Un esempio recente è stato l’attacco di Agent Tesla che ha colpito utenti in tutto il mondo.
3. Politica BYOD (Bring Your Own Device): a causa dei lockdown dovuti alla pandemia da COVID-19, l’uso dei dispositivi personali per il lavoro da remoto è diventato sempre più comune. Tuttavia, molti di questi dispositivi non hanno adeguate protezioni e possono rappresentare una minaccia per l’azienda. Ogni giorno vengono creati più di 400.000 nuovi programmi maligni. Le aziende che sono bersaglio di attacchi stanno aumentando, ma la maggior parte di esse non blocca completamente l’accesso ai dati aziendali tramite dispositivi personali.
4. Protezione dei dati aziendali: un errore comune dei responsabili IT è non proteggere i dati aziendali contenuti in un notebook personale, che potrebbe essere smarrito o rubato. Alcune aziende risolvono questo problema consentendo ai dipendenti di lavorare solo con PC autorizzati in ufficio, limitando l’invio di dati e vietando l’uso di chiavette USB. 
5. Mancanza di patch: se i dipendenti utilizzano i propri dispositivi personali, i responsabili IT potrebbero non essere in grado di monitorare e risolvere i problemi di sicurezza. Inoltre, i dipendenti potrebbero non installare le patch o non aggiornare regolarmente i propri sistemi, lasciando vulnerabilità che i cybercriminali possono sfruttare.
6. Ransomware: in caso di attacco ransomware, è importante effettuare il backup dei dati in modo da poter accedere alle informazioni crittografate anche se i criminali informatici riescono a penetrare nel sistema aziendale.
7. Social Engineering: in risposta a tecniche di inganno come l’ingegneria sociale o il phishing, i dipendenti potrebbero rivelare inconsapevolmente informazioni sensibili come dettagli di accesso, password o altri dati confidenziali. 

L’alto tasso di incidenti informatici causati da errori dei dipendenti dimostra che tutte le aziende hanno bisogno di investire nella formazione per insegnare ai dipendenti come evitare gli errori più comuni.

Investire in sicurezza informatica è un imperativo

Investire nella sicurezza informatica e nella formazione dei dipendenti è essenziale per proteggere le piccole e medie imprese dai crescenti rischi informatici e per garantire la continuità operativa, la protezione dei dati e la reputazione dell’azienda.

Comportamenti sostenibili, le donne più “brave” degli uomini

La ricerca condotta dall’Istat nell’ambito dello studio “Aspetti della vita quotidiana” ha analizzato anche le preoccupazioni ambientali e i comportamenti ecosostenibili degli italiani. L’indagine evidenzia differenze tra le diverse fasce di età e tra uomini e donne. Si è così scoperto che i giovani sono più attenti alla natura, mentre gli adulti sembrano più “spreconi”. Dopo i 50 anni, le preoccupazioni per l’inquinamento e il climate change diventano più pronunciate.

Le italiane vincono in comportamenti ecosostenibili

Le donne italiane si sono dimostrate in media più attente degli uomini a mantenere comportamenti ecocompatibili. Un dato significativo è che il 40,8% delle donne legge regolarmente le etichette degli ingredienti, rispetto al 28,7% degli uomini. Inoltre, il 15,9% delle signore acquista abitualmente alimenti o prodotti biologici, contro l’11,4% degli uomini. Le donne sono anche più attente a non sprecare acqua ed energia rispetto agli uomini. Tuttavia, le preoccupazioni sull’ambiente, come cambiamento climatico, inquinamento e rifiuti, sono uguali tra uomini e donne.

Cambiamenti climatici e inquinamento le principali preoccupazioni

Nel 2022, i cambiamenti climatici si confermano come la principale preoccupazione ambientale per oltre la metà della popolazione di 14 anni e più. Seguono i problemi legati all’inquinamento dell’aria, citati dal 50,2% delle persone. Al terzo posto, con una percentuale leggermente inferiore, si colloca la preoccupazione per lo smaltimento e la produzione dei rifiuti (40,0% delle persone di 14 anni e più).
L’indagine mostra che l’inquinamento delle acque, l’effetto serra e il buco nell’ozono sono percepiti come ulteriori fattori di rischio ambientale a livello globale. Le altre questioni ambientali preoccupano meno del 30% della popolazione, e sono rappresentati da inquinamento elettromagnetico, dalle conseguenze del rumore sulla salute e la perdita di biodiversità. 

Età e livello di istruzione condizionano la percezione dei problemi ambientali 

L’età è un fattore determinante per le preoccupazioni ambientali. I giovani fino a 24 anni sono più sensibili alla perdita della biodiversità, alla distruzione delle foreste e all’esaurimento delle risorse naturali rispetto alle persone più adulte. Al contrario, gli ultracinquantacinquenni si dichiarano più preoccupati dei giovani per il dissesto idrogeologico e l’inquinamento del suolo. Inoltre, il livello di istruzione influisce sul livello di preoccupazione per lo stato dell’ambiente. La percentuale di cittadini preoccupati aumenta all’aumentare del titolo di studio, con differenze significative rispetto ai cambiamenti climatici (63,9% tra laureati e 52,2% tra chi ha al massimo la licenza media), alla produzione e allo smaltimento dei rifiuti (48,8% rispetto al 35,2%) e all’inquinamento delle acque (41,7% contro 35,1%).

L’e-commerce B2c cresce del +13% nel 2023

Gli acquisti online degli italiani sono sempre più omnicanale, e nel 2023 crescono del +13%. Entro la fine dell’anno raggiungeranno 54 miliardi di euro. Stando ai dati emersi dall’ultima indagine dell’Osservatorio eCommerce B2c Netcomm della School of Management del Politecnico di Milano, la penetrazione dell’online sul totale acquisti Retail è del 12%. In particolare, i Prodotti segnano +8% rispetto al 2022, e varranno 35,2 miliardi, mentre i Servizi toccheranno quota 18,8 miliardi (+22%). I comparti più dinamici, con incrementi di circa il +10%, sono Abbigliamento, Beauty e Informatica, mentre frena il Food&Grocery (+1%). Tra i Servizi, continua la crescita di Turismo e Trasporti (+27%) e Ticketing per eventi.

Il profilo degli acquirenti online si avvicina a quello dell’intera popolazione

Sebbene nel 2023 non sia prevista una crescita del numero degli acquirenti online (stabili intorno ai 33 milioni) il trend degli ultimi 10 anni porta a interpretare questo dato più come un riassorbimento del boom della pandemia piuttosto che un arresto. Negli ultimi tre anni gli acquirenti online abituali sono aumentati 5,5 volte rispetto gli sporadici. I primi, 24,4 milioni, effettuano il 90% delle transazioni online, con scontrini di valore generalmente superiore alla media, generando la maggior parte del valore totale degli acquisti online (93%).
Se nelle prime fasi dell’e-commerce l’età media degli acquirenti era 36 anni oggi si è alzata a 46, ma si attenua la quota degli acquirenti nei grandi centri urbani. Insomma, il profilo degli acquirenti online si sta progressivamente avvicinando a quello dell’intera popolazione.

Omnicanalità: il 40% si informa su Internet prima di comprare in negozio

L’esperienza di acquisto degli italiani è sempre più omnicanale, con il digitale che diventa una risorsa per orientare la decisione anche nel caso l’acquisto si concluda in un punto vendita fisico.
Il 40% dei consumatori si informa online prima di acquistare in negozio. Come? Attraverso la consultazione del sito di un online retailer o del prodotto/servizio, l’utilizzo di un motore di ricerca o un comparatore, o i suggerimenti reperibili via social. Al tempo stesso, anche lo store ha un ruolo nell’aiutare il consumatore a finalizzare l’acquisto online. In un caso su quattro l’acquisto online è preceduto da una visita presso un punto vendita fisico.

Smartphone e app fondamentali per gestire gli acquisti

Più della metà degli acquisti online vengono effettuati tramite un dispositivo mobile. L’incremento dell’utilizzo dello smartphone nell’e-commerce è passato dal 34% nel 2019 all’attuale 48%, soprattutto per l’aumento degli acquisti via app.
Sebbene smartphone e app non sembrino destinati a diventare l’unica modalità di acquisto online, assumono un ruolo fondamentale per la gestione smart degli acquisti. Inoltre, lo smartphone diventa l’anello di congiunzione tra retail fisico e digitale, arricchendo anche l’esperienza di acquisto nel punto di vendita. Non solo è il touchpoint digitale attivato più frequentemente prima di concludere un acquisto in negozio, ma consente ai consumatori di avere un profilo e vantaggi personalizzati, rendere l’esperienza di acquisto ‘sociale’, pagare con un ‘tap’, e ricevere assistenza nella fase post-vendita.

Aumenta l’età media dei lavoratori: si accentua il pay gap generazionale 

Dai 35,8 anni del 1985 ai 42,7 anni nel 2019 in Italia l’età media dei lavoratori è in costante crescita, e i giovani si trovano alle prese con un mercato del lavoro sempre più anziano. E con un gap salariale a favore dei più anziani salito tra il 1985 e il 2019 del 19%. Uno studio allegato all’ultimo Rapporto annuale Inps firmato dagli economisti Nicola Bianchi, della Northwestern Kellogg School of Management, e Matteo Paradisi, dell’Einaudi Institute for Economics and Finance, sottolinea come la conseguenza di un progressivo invecchiamento dei lavoratori mostri infatti questo risvolto inaspettato. “La maggiore offerta di lavoratori più anziani non ha frenato la crescita del loro salario rispetto ai lavoratori più giovani – si legge nel rapporto -. Anzi, il divario salariale per età si è notevolmente ampliato a favore dei lavoratori più anziani”. 

Una tendenza non solo italiana

Si tratta di un gap salariale che l’Italia condivide, seppure in termini meno spiccati, anche con altri Paesi. Il divario salariale è infatti aumentato del 10% a favore dei lavoratori anziani anche negli Stati Uniti, dell’11% nel Regno Unito (1997-2019) e del 17% in Danimarca (1997-2019). Ma anche la Germania registra un pay gap di questi livelli. Anzi, considerando l’ampio campione di lavoratori e imprese italiane e tedesche, lo studio registra come “l’allargamento del divario salariale per età sia associato a un rallentamento delle carriere dei lavoratori più giovani, mentre quelle dei lavoratori più anziani sono migliorate”.

Stipendi e posizioni alte quasi irraggiungibili agli unders

Dal 1985 al 2019, infatti, “la probabilità che i lavoratori più giovani si trovassero nel quartile più alto della distribuzione dei salari è diminuita del 34%, mentre la stessa probabilità, per i lavoratori più anziani, è aumentata del 16%”. Inoltre, la probabilità che i lavoratori più giovani ricoprano posizioni manageriali “è diminuita di due terzi tra il 1985 e il 2019, mentre è aumentata dell’87% tra i lavoratori più anziani”.

Largo ai giovani? Non ancora…

Tra le cause che alimentano il divario salariale gli economisti sembrano propensi a indicare, almeno dal 2005 a oggi, il crescente utilizzo delle esternalizzazioni cui ricorrono le imprese. Ma anche, riporta Adnkronos, per quanto riguarda la mancata carriera dei giovani in Italia, una diminuzione della produttività aziendale insieme a un aumento dell’età pensionabile. I lavoratori più anziani, dunque, “hanno esteso le loro carriere occupando le loro posizioni apicali più a lungo – aggiunge lo studio -, impedendo ai lavoratori più giovani di raggiungere le posizioni meglio retribuite”.

Settimana corta: in tanti Paesi sperimentarla è la regola 

Nel nostro Paese non esiste ancora una normativa sulla Four Days Week, la settimana lavorativa di quattro giorni, ma alcune aziende hanno volontariamente ridotto l’orario di lavoro. E di recente Intesa Sanpaolo ha offerto ai suoi 74mila dipendenti la possibilità di concentrare il monte ore settimanale su quattro giorni anziché cinque, e di estendere lo smart working fino a 120 giorni l’anno. Uno dei primi paesi a testare tra il 2015 e il 2019 la Four Days Week per 35-36 ore di lavoro è stata l’Islanda. E i risultati sono stati buoni, con le imprese che hanno registrato una maggior produttività e l’86% dei dipendenti che ha scelto i quattro giorni all’insegna del ‘meno stress’. Anche la Svezia, gli Stati Uniti e il Giappone stanno sperimentando l’adozione di questa formula lavorativa. Insomma, esperimento dopo esperimento, la Four Days Week sta diventando realtà.

In Gran Bretagna coinvolte 61 imprese

Ma è in Gran Bretagna che è stato condotto il test più corposo. Tra giugno e dicembre dell’anno scorso hanno sperimentato la Four Days Week 61 imprese con quasi tremila dipendenti: aziende di software, di recruitment, industrie, società no profit e di ristorazione. I risultati sono andati al di là di ogni aspettativa. Delle 61 che avevano iniziato il test, 38 hanno esteso la sperimentazione della settimana corta e 18 hanno deciso di adottarla per sempre. E anche la Spagna nell’autunno del 2021 ha avviato un test triennale, con l’obiettivo di ridurre a 32 ore su quattro giorni la settimana lavorativa. 

I benefici della Four Days Week

In Nuova Zelanda invece le sperimentazioni sono iniziate nel 2018, introdotte da società come Unilever e poi rilanciate dal Governo, mentre il Belgio nel 2022 ha introdotto la settimana corta ma senza tagliare le ore. L’idea è stata di concentrarle in quattro giorni previo accordo tra datore di lavoro e dipendente, con un periodo di prova di sei mesi. Ma quali sono i vantaggi? I benefici della Four Days Week sono innegabili. Al di là della miglior produttività e del benessere del dipendente, non vanno dimenticati quelli ambientali. Lavorare quattro giorni anziché cinque per i pendolari significa risparmiare chilometri e per le aziende utilizzare meno energia elettrica e riscaldamento.

Qualche difficoltà da superare

Digitale a parte, in alcuni settori tradizionali rimodellare l’intera organizzazione su quattro giorni non è sempre facile. Come segnala l’Osservatorio del Politecnico di Milano, vanno anche considerati gli impatti sui processi operativi e sulla necessità di coordinamento tra chi lavora quattro e chi cinque giorni, sia all’interno sia all’esterno dell’azienda.  Poi ci sono Paesi, come l’Italia, dove si lavora molto in termini di ore, ma con un basso livello di produttività. Quindi, riporta Ansa, l’introduzione della settimana breve andrebbe accompagnata a misure in grado di aumentare una produttività finora poco brillante.