Le 25 Top Companies dove costruire una carriera in Italia nel 2024

L’annuale classifica Top Companies 2024 Italia di LinkeIn identifica le 25 aziende italiane che più di altre si distinguono come luoghi di lavoro per la crescita e lo sviluppo professionale.
E quest’anno sono undici le aziende che conquistano per la prima volta un posto tra le 25 Top Companies italiane. Tra queste, Hippocrates Holding, Bayer, Campari e BIP.

Rispetto al 2023 la lista si aggiorna di nuove realtà dove poter sviluppare la propria carriera, ma il settore della consulenza aziendale risulta dominante, seguito dall’industria farmaceutica, manifattura e beni di consumo.
Nell’ambito consulenza e servizi aziendali, Accenture e Bain Company, sul podio, seguite da Intellera Consulting e Deloitte, sono tra le conferme ddel 2023, raggiunte dalle new entry Boston Consulting Group (Bcg) e BIP.

Il settore bancario-assicurativo guadagna posizioni

Al fianco della crescita del settore farmaceutico e della salute, che vede Hippocrates Holding, Bayer e Eli Lilly and Company nella Top 25, rientrano i settori manifatturiero e dei beni di consumo, con EssilorLuxottica al 10° posto, Sfk Group al 14°, Procter Gamble e Siemens al 22° e 23°.

Rispetto allo scorso anno, guadagnano posizioni gli operatori del settore bancario-assicurativo, con Intesa Sanpaolo che conquista la vetta della classifica, Unicredit che si conferma stabile (al 7° posto) e Bnp Paribas che si posiziona al 15° posto.
Inoltre, The Heineken Company (19°) e Campari Group (20°) sono per la prima volta portabandiera del settore Food Beverage. 

Da Intesa Sanpaolo a BIP

Ecco la lista completa delle Top Companies Italia 2024: Intesa Sanpaolo (1°), Accenture (2°), Bain Company (3°), KONE (4°), Hippocrates Holding (5°), Ferrovie dello Stato (6°), Unicredit (7°), Intellera Consulting (8°), Antares Vision (9°), EssilorLuxottica (10°), STMicroelectronics (11°), LyondellBasell (12°), Bayer (13°) SKF Group (14°), BNP Paribas (15°), Deloitte (16°), Iveco Group (17°), Eli Lilly and Company (18°), The Heineken Company (19°), Campari Group (20°), Cisco (21°), Procter Gamble (22°), Siemens (23°), Boston Consulting Group (BCG, 24°), BIP (25°).

Non solo stabilità, anche diversità di genere e crescita delle competenze

LinkedIn Top Companies 2024 è stata realizzata esaminando azioni e percorsi di carriera di milioni di professionisti sulla piattaforma tra gennaio e dicembre 2023, utilizzando una metodologia che include non solo la stabilità, ma anche la diversità di genere di ciascuna azienda, nonché la crescita delle competenze e la capacità di avanzare internamente ed esternamente all’impresa.

Per realizzare la classifica Top Companies 2024, pubblicata dalla redazione di LinkedIn Notizie e ripresa da Adnkronos, i data scientist di LinkedIn hanno condotto un’analisi riguardo ad alcuni temi chiave (ad esempio, cosa significhi riuscire a costruirsi una buona carriera professionale), e li hanno combinati con i dati unici dalla piattaforma LinkedIn.

La Generazione Alpha italiana si preoccupa per l’ambiente

Il GoStudent Future Education Report 2024 è l’annuale report elaborato in collaborazione con Edelman Data e Intelligence, e condotto su oltre 5000 genitori/tutori e più di 5000 giovani tra 10 e 16 anni, in 6 Paesi europei tra cui l’Italia.

E secondo i risultati del report, il 78% dei ragazzi italiani della Generazione Alpha si dice preoccupato per l’ambiente, e il 76% vuole contribuire attivamente nella costruzione di una società più equa e sostenibile per tutti. 
Sostenibilità e educazione climatica occupano il secondo posto tra le principali dieci aree tematiche che gli studenti italiani vorrebbero approfondire, appena dopo lo sviluppo tecnologico.

Matematica, disciplina fondamentale per il futuro delle professioni tech

Sebbene il dato possa sorprendere, i dati hanno rilevato come le due materie preferite dagli studenti sono matematica e inglese, storicamente le più detestate, a dimostrazione di un cambio radicale nella cultura e nel tessuto sociale nazionale.

Un mondo sempre più interconnesso, globale e digitalizzato richiede alla Gen Alpha di comprendere l’importanza di acquisire competenze scientifiche e linguistiche. La matematica, infatti, è stata considerata la disciplina fondamentale per il futuro delle professioni orientate alla tecnologia e alla sostenibilità. Le materie Stem (Scienza, tecnologia, ingegneria e matematica) occupano un ruolo cruciale nell’offrire le competenze necessarie per affrontare le sfide globali e cogliere opportunità nel mondo moderno.

Emerge anche l’esigenza di coltivare competenze trasversali

Il 74% dei giovani italiani chiede un maggior supporto nella scelta della giusta direzione per il proprio futuro (70% media europea). Per affrontare le sfide future, però, sorprende l’esigenza di coltivare competenze trasversali, tra cui problem solving, creatività e resilienza allo stress. Ma solo un terzo dei giovanissimi in Italia ritiene che la scuola fornisca gli strumenti necessari a intraprendere la carriera dei propri sogni.

Secondo la Commissione europea, il 77% delle imprese ha difficoltà ad assumere lavoratori con le capacità richieste. Non a caso, 8 genitori italiani su 10 ritengono essenziale stabilire una maggiore interdipendenza tra le materie studiate a scuola e la realtà quotidiana (83% vs 81% media europea) e chiedono un’istruzione che riesca a coniugare le materie didattiche con attività extracurricolari come sport, musica o volontariato (82%).

Un mondo più inclusivo, sostenibile, equo

“Abbiamo ascoltato le opinioni di migliaia di ragazzi e dei loro genitori, oltre che degli insegnanti di tutta Europa, desiderosi di vedere l’apprendimento evolversi per adattarsi al mondo di oggi e del futuro – afferma Felix Owshald, ceo e co-fondatore di GoStudent -. Quello che abbiamo capito è che, se aiutati e guidati nelle sfide quotidiane, i ragazzi hanno il potenziale per rendere il mondo un posto migliore, più attento ai temi dell’inclusività, della sostenibilità e dell’equità sociale”.

Addio Apple ID? Come potrebbe cambiare l’accesso ai servizi della Mela con l’aggiornamento iOS18

La notizia è stata riportata da Mark Gurnman di Bloomberg, il quale ha suggerito che questo cambiamento potrebbe avvenire entro la fine dell’anno.
Secondo le ultime indiscrezioni, sembra che Apple potrebbe presto apportare una significativa modifica alla denominazione del suo servizio di identificazione, noto come Apple ID.

Con il prossimo rilascio del nuovo ed epocale aggiornamento iOS 18, l’azienda di Cupertino potrebbe infatti optare per una nuova denominazione, rinominando appunto il tradizionale Apple ID in Apple Account.
iOS 18 potrebbe essere l’aggiornamento software più importante nella storia della Mela, con nuove funzionalità, cambiamenti di design e un occhio di riguardo per l’Intelligenza artificiale.

Obiettivo: adottare una denominazione più intuitiva e coerente con gli standard del settore

Se confermato, il termine Apple ID potrebbe essere gradualmente eliminato e sostituito con Apple Account su tutti i dispositivi Apple compatibili.

Sebbene i motivi di questa modifica non siano ancora stati ufficialmente comunicati da Apple, si ipotizza che l’azienda stia cercando di semplificare l’esperienza degli utenti, adottando una denominazione più intuitiva e coerente con gli standard del settore.
Questo aggiornamento potrebbe infatti rendere più chiaro il concetto di identità digitale per gli utenti Apple, rendendo più agevole la gestione delle proprie informazioni personali e delle impostazioni di account.

Il cambiamento verrà annunciato ufficialmente a giugno o settembre 

La presunta decisione di rinominare Apple ID in Apple Account potrebbe essere annunciata ufficialmente durante la prossima Conferenza Mondiale degli Sviluppatori, prevista per il mese di giugno 2024.

Inoltre, si prevede che tale cambiamento potrebbe diventare effettivo con il lancio del nuovo sistema operativo iOS 18, previsto per settembre, insieme al debutto della serie iPhone 16.

In arrivo (forse) anche funzionalità avanzate e un ulteriore livello di personalizzazione per gli AirPods

Ma le indiscrezioni riguardanti l’aggiornamento iOS 18 non si limitano alla modifica del nome dell’account. C’è infatti anche la possibilità che Apple introduca una nuova ‘modalità per apparecchi acustici’ con questo aggiornamento, fornendo agli utenti un ulteriore livello di personalizzazione e funzionalità avanzate per gli AirPods, riferisce una notizia Adnkronos.

Ora come ora non si conoscono le motivazioni della scelta di voler prendere in considerazione questo cambiamento su iOS 18, ma sembrano esserci comunque delle concrete possibilità anche se non la certezza effettiva. 
In ogni caso, si legge su Pcprofessionale.it, sono emerse anche informazioni sulla compatibilità di iOS 18 con diversi modelli di iPhone, e sembrerebbe che Apple possa tagliare il supporto di alcuni modelli.

Un Paese divergente: la società italiana nel 2024 secondo Ipsos

Il rapporto Flair 2024 di Ipsos, dal titolo ‘Un Paese divergente. Una società contrassegnata dalle fratture sociali, oscillante tra spinte solidali e brame egoiste’, restituisce l’immagine di un Paese che si distingue per le sue contrapposizioni.
L’Italia oggi attraversa un periodo di profonde trasformazioni, segnate da passioni inquiete e un senso di instabilità che oscilla tra dinamismo e retromarce, radicalismo e difensive.

Crisi ambientali, economiche, sociali, finanziarie e sanitarie hanno lasciato il segno nel tessuto sociale del Paese. Una situazione che appare come il riflesso della complessità delle dinamiche sociali che caratterizzano l’attuale panorama italiano.

Crisi e trasformazioni acuiscono le distanze sociali

Negli ultimi cinque anni abbiamo assistito a una accelerazione dei processi di transizione che stanno modellando i cambiamenti.
Tale accelerazione è stata alimentata da una serie di crisi che si sono incrociate e susseguite. Nonostante alcuni segnali economici positivi, come l’aumento dell’occupazione e la diminuzione del timore di perdere il posto di lavoro, la società italiana rimane profondamente divisa. Il 52% degli italiani ritiene che le distanze sociali siano aumentate negli ultimi anni.

Il dato è particolarmente preoccupante quando si considera l’aumento delle differenze tra giovani e adulti.
Un fenomeno che mette in luce un problema fondamentale della società: la crescente disuguaglianza tra le diverse generazioni.

GenZ tra incertezze e delusione  

Per il 73% degli italiani il rischio che i giovani vivano in una situazione di maggiore povertà rispetto ai loro genitori è molto alto. 
I giovani, a differenza degli adulti, si sentono più delusi (34% vs media del 29%), più insicuri (35% vs 26%), più angosciati (25% vs 18%), più confusi (20% vs 15%).

Nonostante l’ampio uso delle connessioni social, il 47% dei ragazzi e delle ragazze fra 25 e 34 anni e del 46% dei 18-24enni avverte come più fragili le relazioni con gli altri. La media nazionale si ferma al 38%. 
Le dinamiche più incerte di fronte al futuro per i giovani sono la stabilità lavorativa (39% vs 12% adulti), la rete di amici e relazioni (20% vs 10%), il bagaglio di conoscenze ritenuto inadeguato (32% vs 23%).
Gli aspetti della società contemporanea che i giovani reputano maggiormente sbagliati sono mancanza di stabilità nel lavoro (32%), ridotto livello delle prospettive future (43%), individualismo autorefenziale (24%) e differenze di genere (26%). 

L’impatto dell’AI sulle retribuzioni

L’AI sta entrando sempre più nella vita quotidiana, ma solo il 5% degli italiani si dichiara molto informato. Circa 1 italiano su 3 ritiene che l’AI stia già oggi rivoluzionando il mondo del lavoro, e fra 5 o 10 anni la maggioranza è concorde che l’impatto sarà importante.

Tuttavia, è ancora presto per comprendere quale sarà il bilanciamento tra vantaggi e svantaggi prospettati. E relativamente alle retribuzioni, emerge il timore che si accentui ancor più la frattura retributiva, incrementando ulteriormente le disuguaglianze nel Paese.

Il 42% delle grandi aziende italiane utilizza sistemi di automazione dei processi

Il 42% delle grandi aziende italiane utilizza sistemi di automazione dei processi, una percentuale che si alza al 60% tra le grandissime imprese, ovvero quelle con oltre 1.000 addetti. Tuttavia, solo il 15% di queste organizzazioni ha avviato progetti di automazione intelligente dei processi, combinando tecniche tradizionali con funzioni di intelligenza artificiale. Anche in questo caso, la percentuale sale al 34% se ci si concentra solo sulle grandissime imprese, mentre scende al 10% se si restringe l’analisi alle realtà grandi (250-999 addetti).

Nonostante il 61% delle grandi aziende abbia avviato un qualche progetto di Intelligenza Artificiale almeno in fase sperimentale, questi dati dimostrano che la gran parte dei progetti di AI in Italia sono volti a costruire sistemi di supporto alle decisioni che non si traducono in automazione. Inoltre, i progetti di AI sono in molti casi in stato di sperimentazione, non ancora integrate nei processi aziendali a regime.

Le funzioni maggiormente coinvolte in progetti di Intellingent Automation

La ricerca dell’Osservatorio Intelligent Business Process Automation della School of Management del Politecnico di Milano ha evidenziato che solo il 15% delle grandi aziende italiane ha formalizzato il know-how per renderlo fruibile a sistemi automatici supportati dall’IA. La funzione aziendale più coinvolta in progetti di Intelligent Automation è l’Accounting, Finanza e Controllo, seguita da Operations, Sales e Customer Service. La ricerca ha censito 501 aziende internazionali attive nell’ambito della Process Automation che hanno ricevuto finanziamenti negli ultimi 20 anni, raccogliendo in totale 15 miliardi di dollari.

Nel periodo 2014-2020, si è osservato un aumento progressivo nel numero di aziende finanziate e nei valori dei finanziamenti, con l’82% del totale raccolto tra il 2018 e il 2022. Questi dati evidenziano l’affermazione della Robotic Process Automation come nuovo comparto nell’offerta software.

L’adozione della business process automation

L’adozione della business process automation può avvenire a tre livelli incrementali: task-level, business process e business process reengineering. Le soluzioni tecnologiche per l’automazione dei processi includono la Robotic Process Automation, le tecnologie low-code e no-code, e l’integrazione dell’Intelligenza Artificiale. Tuttavia, l’adozione delle tecnologie di process intelligence (task mining, process mining) è ancora limitata, e l’80% delle aziende che hanno automatizzato alcuni processi non ha utilizzato tali tecnologie.

L’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale

L’Artificial Intelligence trova opportunità di applicazione in tutte le fasi di gestione e automazione dei processi aziendali. È possibile identificare cinque categorie: business process management (AI4BPM), sviluppo e funzionamento dell’automazione, interazione con l’automazione, automazione del processo, orchestrazione di più processi. L’AI4BPM prevede l’utilizzo dell’Artificial Intelligence a supporto dell’analisi e modellazione del processo. L’AI può essere utilizzata per comprendere e anticipare colli di bottiglia e inefficienze nei processi, può supportare la ricostruzione del processo end-to-end, e può fornire suggerimenti di esecuzione del processo.

Retail: nel 2023 aumentano gli investimenti nel digitale

Nel 2023 in Italia il valore delle vendite al dettaglio di prodotto totali (online e offline) ha registrato una crescita del +4% rispetto al 2022.
Il canale online attraversa una fase di assestamento: cresce, ma a ritmi più moderati rispetto al periodo pandemico. Il valore degli acquisti online, nella sola componente di prodotto, ha raggiunto 35 miliardi di euro, +8% rispetto all’anno precedente

L’innovazione tecnologica recupera però una posizione di rilievo nei piani di sviluppo delle aziende.
Gli investimenti in digitale da parte dei principali retailer italiani dal 2,5% del fatturato nel 2022 crescono al 3,1% nel 2023.
Queste alcune evidenze emerse dall’Osservatorio Innovazione Digitale nel Retail, promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano.

Online stabile all’11% di incidenza sul totale vendite

L’incidenza dell’online sul totale Retail rimane stabile rispetto al 2022 ed è pari all’11%. In continuità con il passato, la dinamica del numero di punti vendita è negativa, ma il tasso di decrescita del numero di negozi è il più alto mai registrato negli ultimi cinque anni.
A fine 2022 in Italia si contavano 568.933 esercizi commerciali di prodotto, con un calo pari al -2,2% rispetto al 2021 (il tasso medio di crescita annuo 2017-2021 era pari al -1,4%).

A destare maggiore preoccupazione è l’andamento del numero di ristoranti, che per la prima volta negli ultimi anni subisce una contrazione.
A fine 2022 in Italia sono presenti 380.328 ristoranti. Si tratta di un decremento del -0,8% rispetto all’anno precedente (tasso medio 2017-2021 pari al +1,1%).

Innovazione digitale e omnicanale

Il negozio è protagonista delle strategie di innovazione nel Retail. I retailer lavorano per semplificare e rendere autonoma l’esperienza del cliente. I sistemi di digital signage (implementati dal 44% dei top retailer) intercettano l’attenzione del cliente dal suo ingresso in negozio e i chioschi digitali (35%) favoriscono l’esplorazione dell’assortimento e l’approfondimento della conoscenza dei prodotti

Le soluzioni di self scanning (24%) rendono autonomo il cliente nella selezione dei prodotti, e grazie alla connessione con sistemi di self check-out (21%) e innovative payment (18%), aiutano a snellire la fase di pagamento.
I retailer proseguono, inoltre, nel percorso di integrazione online-offline, lavorando sull’adozione di soluzioni (in store e nel back-end) in grado di attivare e/o potenziare i modelli di vendita omnicanale.

I cantieri sperimentali

Nel 2023 i retailer hanno cercato di comprendere i principali ambiti applicativi dell’AI generativa, ad esempio, attraverso assistenti personali in grado di supportare in tempo reale i clienti e alleggerire il carico dei contact center.
Un altro ambito di sperimentazione deriva dai nuovi modelli di business ‘platform-based, che permettono di generare valore grazie all’interconnessione fra due o più attori del mercato. Come, ad esempio, i marketplace, l’erogazione di nuovi servizi e il Retail Media.

I retailer poi lavorano all’implementazione di progetti in grado di ridurre l’impatto ambientale delle proprie attività, come la trasformazione e il riciclo di scarti aziendali, l’utilizzo di packaging riciclato e l’adozione di veicoli elettrici per le spedizioni.

Incidenti informatici? L’errore umano è il primo colpevole

Un recente studio globale commissionato da Kaspersky evidenzia come gli errori umani siano responsabili di quasi due terzi di tutti gli incidenti informatici verificatisi negli ultimi due anni. Nel contesto della cybersicurezza, oltre il 50% dei professionisti ammette di aver commesso errori all’inizio della propria carriera a causa della mancanza di conoscenze teoriche o pratiche.

Tale percentuale aumenta al 60% tra coloro che hanno un’esperienza nel settore compresa tra i due e i cinque anni.

Imprese, almeno un incidente informatico negli ultimi due anni

Nell’arco degli ultimi due anni, le organizzazioni e le aziende hanno subito almeno un incidente informatico a causa della carenza di personale qualificato in materia di sicurezza informatica. Nonostante la ricerca di personale preparato sembri la soluzione più facile, la realtà dei fatti è molto diversa. Reperire professionisti delle sicurezza informatica è una vera e propria sfida, nonostante il bisogno occupazionale tocchi 4 milioni circa di addetti.

Gli errori più comuni

Il gap di competenze in cybersecurity è spesso attribuibile alle lacune teoriche e pratiche dei neoassunti nel settore, che si confrontano con difficoltà iniziali e commettono errori come il mancato aggiornamento dei software (43%), l’uso di password deboli (42%), e la mancata esecuzione di backup tempestivi (40%). I professionisti della cybersicurezza riconoscono di non avere avuto le competenze e l’esperienza necessarie all’inizio della loro carriera.

Tuttavia, la ricerca di personale qualificato è resa ancor più difficile dalla necessità di sostenere tre o più colloqui prima di essere selezionati per un ruolo InfoSec, come dichiarato dal 34% degli intervistati.

Servono programmi di formazione costanti  

Marina Alekseeva, Chief Human Resources Officer di Kaspersky, sottolinea l’importanza di un processo di onboarding completo e di un costante aggiornamento delle competenze per affrontare le sfide degli esperti di cybersicurezza. Il 46% dei professionisti InfoSec impiega più di un anno per sentirsi a proprio agio nel ruolo ricoperto, mentre un altro 10% dichiara che tale traguardo è stato raggiunto in tre anni.

Le misure  preventive e reattive per affrontare il gap di conoscenze sono essenzialmentel’aggiornamento dei programmi di formazione in collaborazione con attori della cybersicurezza, stage per acquisire esperienza pratica e investimenti aziendali in programmi di formazione per il personale.

Per concludere

In conclusione, il rapporto completo fornisce approfondimenti sul percorso formativo degli esperti di cybersicurezza e sulle difficoltà iniziali che hanno affrontato nella loro carriera. La carenza di personale qualificato rimane una sfida importante per le imprese, che richiede sforzi congiunti per colmare il gap esistente e garantire una forza lavoro preparata ed efficiente nel settore della sicurezza informatica.

Fenomeno burnout: 8 giovani su 10 lascerebbero un lavoro “tossico”  

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha ufficialmente riconosciuto il burnout come una condizione medica associata allo stress cronico sul lavoro, inserendolo nella classificazione internazionale delle malattie.

Questo passaggio mette in luce la crescente preoccupazione per la gestione inadeguata dello stress nei luoghi di lavoro in tutto il mondo. In particolare, emerge un dato preoccupante: circa il 20% dei dipendenti sperimenta sintomi di burnout.

Incidenza diversa a seconda della dimensione aziendale 

L’analisi rivela che il fenomeno colpisce in modo più significativo i dipendenti delle aziende più piccole, coloro che non ricoprono posizioni manageriali e i lavoratori più giovani. In particolare, l’80% dei dipendenti appartenenti alle gen Z e Millennial sarebbe disposto a lasciare il lavoro a causa di una cultura aziendale tossica.

Francesca Verderio, leader di formazione e sviluppo di Zeta Service, azienda italiana specializzata in servizi hr e payroll, sottolinea l’importanza di prestare attenzione ai segnali lanciati dai collaboratori e di monitorare costantemente il clima aziendale.

Conflitti e pressioni le cause del malessere 

Conflitti interpersonali, mancanza di chiarezza su compiti, responsabilità e obiettivi, e la pressione legata alle tempistiche e al carico di lavoro sono tra le principali cause del burnout. Questi fattori contribuiscono a generare confusione, stress e una riduzione della produttività dei dipendenti.

I Paesi che soffrono di più il burnout

Un sondaggio condotto dal McKinsey Health Institute su 30.000 dipendenti in 30 paesi evidenzia differenze sostanziali nelle percentuali di burnout. A livello globale, il 22 % dei lavoratori sperimenta sintomi di burnout. Ma il tasso più alto si registra in India (59%) e il più basso in Camerun (9%). L’Italia si colloca nella parte bassa della classifica con il 16%, ma registra una percentuale elevata di episodi di stanchezza fisica e mentale (43%).

L’impatto economico del fenomeno

Le sempre più frequenti dimissioni da parte dei giovani rappresentano uno dei principali ostacoli per i talent manager nell’introduzione di nuove skill e la crescita delle imprese. Il calo della soddisfazione lavorativa potrebbe avere un impatto sull’economia globale, con una perdita potenziale di circa 8,8 trilioni di dollari in termini di produttività, secondo Cnbc.

L’importanza dell’ambiente di lavoro

Il McKinsey Health Institute sottolinea che un ambiente di lavoro positivo contribuisce al benessere dei dipendenti e alla loro maggiore produttività. L’analisi del clima aziendale diventa quindi cruciale per le imprese, poiché conoscere le esigenze e le opinioni dei dipendenti è fondamentale per migliorare la vita lavorativa di tutti. Un clima aziendale positivo è correlato a un maggiore coinvolgimento, collaborazione, senso di appartenenza e attrattività per i talenti.

La realtà? Lontana dalla nostra percezione: i dati di un’analisi globale 

La realtà è spesso molto lontana dalla nostra percezione. Ovvero, ciò che crediamo non è necessariamente ciò che è. Lo dimostra un’indagine – serissima – condotta  da Ipsos in 10 Paesi, tra cui l’Italia. L’analisi, che ha coinvolto 10.000 individui, ha rivelato un notevole divario tra realtà e percezione nell’ambito delle più attuali tematiche sociali, politiche ed economiche. Attraverso la piattaforma online Ipsos.Digital, sono state confrontate le convinzioni con dati reali, portando alla luce interessanti discrepanze.

Immigrazione, i falsi miti

In tutti i Paesi esaminati, la percezione sull’immigrazione è notevolmente sovrastimata rispetto alla realtà. In Italia, il divario tra percezione (21%) e realtà (11%) è significativo. Le persone tendono a sopravvalutare la presenza di immigrati nella società di riferimento, evidenziando un divario tra percezione e dati effettivi. Le percezioni errate emergono anche sulla presenza di persone musulmane.

In Italia, ad esempio, la percezione errata è del 19%, mentre la realtà si ferma al 4,8%. Curiosamente, in Turchia c’è una percezione distorta sulla presenza di cristiani nel Paese.

Crimini di sangue, sono in calo dal 2000. Però… 

La maggioranza crede erroneamente che il tasso di omicidi sia cresciuto nel proprio Paese dal 2000, mentre è diminuito in gran parte del mondo. In Italia, il 55% pensa che gli omicidi siano aumentati nell’ultimo ventennio, evidenziando una percezione distorta della realtà.

Anche per quanto riguarda la disuguaglianza economica c’è molto da dire. Il fenomeno è reale, ma la percezione sulla quota di ricchezza detenuta dall’1% più ricco è sovrastimata. In Italia, la percezione (36%) supera notevolmente la realtà (14%), riflettendo un’errata percezione della distribuzione della ricchezza.

Credenze e complotti

Una piccola minoranza (27%) crede in fenomeni irrazionali come la stregoneria, fantasmi (35%) e chiaroveggenza (28%). In Italia, queste forme di “superstizione” sono inferiori, con il 24% che crede nei fantasmi. Tuttavia, serpeggia una diffusa diffidenza verso gli scienziati, con il 49% degli intervistati a livello globale che preferisce fidarsi della propria esperienza personale rispetto alle spiegazioni scientifiche.

Un quadro complesso

Un’ampia percentuale (15-25%) crede in teorie del complotto riguardanti affari mondiali. Ad esempio, il 24% degli italiani crede in un presunto progetto per “sostituire” la popolazione con immigrati. Inoltre, il 27% ritiene che il governo ucraino sia infiltrato da neonazisti, mentre una minoranza (18-20%) nega le missioni spaziali americane sulla Luna.

Per concludere

L’indagine Ipsos mette in evidenza il diffuso divario tra percezione e realtà su diverse questioni. Questa discrepanza, che spazia dall’immigrazione alle credenze irrazionali e alle teorie del complotto, sottolinea l’importanza di una corretta informazione e di un pensiero critico per comprendere e affrontare le attuali sfide sociali.

Boom agriturismi: numeri e nuove tendenze del settore in Italia 

Lo rileva il report dell’Istat: il settore agrituristico in Italia è passato da poco più di 14mila aziende nel 2004 a 25.849 nel 2022, riflettendo un tasso di crescita medio annuo del 3,8%.
Una crescita distribuita in modo uniforme tra le diverse macroaree del Paese, con punte del 5,5% e 4,3% nel Nord-Ovest e nel Centro, e valori leggermente inferiori nel Sud, Isole, e Nord-Est. 
Oltre il 53% delle aziende agrituristiche si localizza nelle aree collinari, il 31% in quelle montane e il 16% in pianura.

Ma la forza trainante dell’agriturismo risiede nelle sue offerte economiche chiave, degustazione, alloggio e ristorazione. Tanto che nel periodo 2004-2022 le aziende con servizio di degustazione hanno registrato un impressionante aumento annuo medio del 4,5%, evidenziando una connessione crescente con i prodotti DOP e IGP.

Un fenomeno economicamente sostenibile.

Allo stesso tempo, le aziende con alloggio e ristorazione hanno seguito con tassi medi annui rispettivamente del 3,4% e del 3,2%.
In ogni caso, rispetto al 2004, il valore della produzione nel settore agrituristico è cresciuto al ritmo del 4,2% all’anno, triplicando la capacità produttiva in termini assoluti. Un risultato notevole, soprattutto se confrontato con il settore agricolo generale (+0,51%).

Anche sotto l’aspetto della diffusione territoriale i dati sono altrettanto impressionanti. Se nel 2004 i Comuni che ospitavano almeno un agriturismo (Comuni agrituristici) erano 3.352 in 18 anni se ne sono aggiunti 1.677, portando il totale a oltre 5.029, quasi il 64% dei Comuni italiani.

Aziende multifunzionali: una nuova frontiera

La trasformazione del settore è evidente nella proliferazione di aziende agrituristiche multifunzionali, caratterizzate dalla capacità di offrire almeno tre servizi distinti. 
Le aziende agrituristiche multifunzionali, che rappresentano il 28,2% di tutte le strutture attive, si presentano come un elemento consolidato e rilevante all’interno di questo settore in continua trasformazione.

Dal punto di vista geografico, il Centro si conferma come il luogo principale per la presenza di aziende multifunzionali, con il 28,1% del totale, seguito da Nord-Est (24,7%), Nord-Ovest (19,9%), Sud (16,3%) e Isole (11%).

Aumento delle imprese agrituristiche al femminile

La presenza femminile alla guida delle aziende agrituristiche è in costante aumento, con un totale di oltre 8.800 donne (34,1%) che gestiscono tali attività.
La maggior quota di conduttrici si concentra principalmente al Sud (46,6%), con valori che si avvicinano al 50% in Basilicata, Campania e Calabria.

Al Centro le donne alla guida sono il 36%, con Lazio e Umbria entrambi al 45%, mentre la Toscana registra una percentuale leggermente più bassa (31%). La quota di conduttrici è pressoché simile nelle Isole (36%) e nel Nord-ovest (36%), con la Liguria in testa al 50% di aziende guidate da donne.

L’indice di prevalenza di genere, che indica il rapporto tra aziende con conduttore e aziende con conduttrice, evidenzia una maggiore propensione all’imprenditoria femminile in Basilicata, Liguria e Campania. Al contrario, regioni come Trentino-Alto Adige/Südtirol, Piemonte e Friuli-Venezia Giulia mostrano un indice più basso.