Cos’è il Phubbing e perché è decisamente poco apprezzato

Sebbene il termine ‘Phubbing’ non sia molto noto, a contrario, si tratta di fenomeno fin troppo diffuso, e decisamente poco apprezzato. Ma cos’è il Phubbing? Dall’inglese ‘Phone’ e ‘Snubbing’, il termine descrive l’atto di trascurare con intenzione i propri interlocutori reagendo istantaneamente a qualsiasi notifica proveniente dallo smartphone, o semplicemente, navigando su Internet nel bel mezzo di una conversazione. In pratica il Phubbing è un comportamento che viola non solo la netiquette (dal vocabolo inglese network, rete, e da quello francese étiquette, buona educazione), ovvero l’insieme di regole informali che disciplinano il buon comportamento di un utente su Internet, ma anche quelle della buona educazione nel mondo reale.

Un comportamento che irrita chi lo subisce

Quando viene subìto il Phubbing è ritenuto un comportamento irritante dalla quasi totalità degli intervistati (81%) da una survey realizzata da Wiko. Eppure, oltre il 70% ammette di aver ceduto a questa cattiva abitudine almeno una volta. Il 23% degli intervistati afferma addirittura di ‘snobbare’ il prossimo frequentemente, lanciando continue occhiate distratte al telefono mentre è in compagnia di una o più persone. Un dato che non stupisce, considerando che il 68% degli utenti controlla il proprio smartphone più di 50 volte al giorno. D’altronde, il device mobile è ormai l’oggetto che mantiene tutti costantemente in contatto e aggiornati, è usato per lavorare, studiare, controllare le notizie, anticipare i cambiamenti del meteo e per socializzare. A quanto pare, però, non con chi ci sta davanti.

Rifugiarsi nello schermo dello smartphone anche in compagnia

Tra le motivazioni più comuni per distrarsi con lo smartphone c’è la noia. Il 78% dei partecipanti alla survey dichiara di controllare il display più spesso se si annoia. Occhio quindi a mantenere le conversazioni sempre brillanti, pena l’essere ignorati. Il restante 22%, invece, cede alla distrazione solo in caso di particolare agitazione. Se l’argomento è spinoso o l’interlocutore mette in soggezione, rifugiarsi nello schermo dello smartphone pare funzionare come un ottimo antistress.

Aumenta la possibilità di fraintendimenti, discussioni e malumori

Per quanto odiato, la maggioranza, comunque, ritiene il Phubbing giustificato se la causa della distrazione digitale è l’attesa di un messaggio importante (61%). E il 39% ha una soglia di tolleranza perfino più alta: il semplice controllo di notifiche ed e-mail vince sulla buona etichetta. Questioni di priorità, insomma. Nonostante quasi tutti siano d’accordo che il Phubbing contribuisca a rendere secondaria l’interazione con gli altri, aumentando la possibilità di fraintendimenti, discussioni e malumori, sembra proprio che alcuni non riescano a fare a meno di avere lo smartphone sempre a portata di mano. Il 30% degli intervistati, infatti, avrebbe grosse difficoltà a lasciare il telefono in tasca per il tempo di una intera conversazione.

Rapporto Ue: le rinnovabili prime nella produzione dell’energia elettrica

Il 2020 non è stato solo l’anno del Covid-19. Almeno nell’Unione europea, ha anche rappresentato un vero e proprio giro di boa sul fronte dell’energia sostenibile. Per la prima volta nel 2020, infatti, le energie rinnovabili hanno superato i combustibili fossili come fonte numero uno per la generazione di energia elettrica nell’Ue. È uno dei dati che emergono dal “Rapporto sullo stato dell’Unione dell’energia per il 2021”, da poco pubblicato dalla Commissione europea. A quasi due anni dal lancio del Green Deal europeo, il rapporto fa il punto sui progressi che l’Ue sta compiendo sul fronte della transizione verso l’energia pulita.

Sulla strada della neuralità climatica

“Sebbene vi siano una serie di tendenze incoraggianti –  si legge in una nota della Commissione – saranno necessari maggiori sforzi per raggiungere l’obiettivo del 2030 di ridurre le emissioni nette di almeno il 55% e raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, e i dati dovranno essere analizzati attentamente il prossimo anno per le tendenze post-Covid di più lungo periodo”. In base ai dati contenuti nel rapporto, nel 2020 le energie rinnovabili hanno generato il 38% dell’elettricità dell’Ue, rispetto al 37% prodotto con l’uso dei combustibili fossili. L’obiettivo del 2030 è di arrivare al 65% di elettricità generata dalle rinnovabili. Ad oggi, nove Stati membri hanno già completato l’eliminazione graduale del carbone, 13 si sono impegnati a farlo entro una data definita e infine altri quattro stanno valutando possibili scadenze.

Dal 2019 al 2020, meno sussidi, consumi ed emissioni

Nel 2020, i sussidi ai combustibili fossili sono leggermente diminuiti, mentre sono aumentate le sovvenzioni per le energie rinnovabili e per l’efficienza energetica. Ma il dato fondamentale, nel confronto tra i due anni, è quello del minor consumo: nel 2020, infatti, il consumo di energia primaria è diminuito dell’1,9% e il consumo di energia finale dello 0,6%. Tuttavia, sottolinea la Commissione, entrambe le cifre sono al di sopra della traiettoria necessaria per raggiungere gli obiettivi dell’Ue per il 2020 e per il 2030. Da notare che proprio quest’ultimo punto  contraddice le conclusioni di un rapporto dall’Agenzia europea dell’Ambiente (Aea) appena pubblicato, secondo cui invece gli obiettivi di efficienza energetica per il 2020 sarebbero stati raggiunti proprio l’anno scorso, grazie ai lockdown imposti dal Covid-19.  Non cambiano tuttavia le raccomandazioni finali. Infatti, anche l’Aea conclude che è necessario aumentare l’efficienza energetica per raggiungere gli obiettivi del 2030. Insomma, vietato allentare la presa: gli Stati membri devono continuare a impegnarsi per migliorare l’efficienza energetica.

Il cambiamento climatico supera il Covid nella classifica dei rischi emergenti

Il cambiamento climatico torna a occupare la prima posizione nella classifica dei principali rischi emergenti nel mondo. Nonostante la crisi sanitaria dovuta al Covid-19, il cambiamento climatico è di nuovo il rischio più temuto dai cittadini di tutto il mondo. Al secondo posto, e in aumento, si posiziona il rischio per la sicurezza informatica, che negli Stati Uniti sta diventando la prima preoccupazione.  Le società però sono ancora troppo impreparate per affrontare queste sfide. Lo rivela l’ottava edizione del Future Risks Report di AXA.

Il climate change è al terzo posto in Asia e Medio Oriente e al quarto in Africa

Lo studio internazionale Future Risks Report di AXA misura e classifica l’evoluzione della percezione in merito ai principali rischi emergenti nel mondo, tenendo in considerazione sia il punto di vista degli esperti di gestione del rischio sia quello dell’opinione pubblica. Il sondaggio è stato realizzato in collaborazione con Ipsos ed Eurasia Group, la società di consulenza di analisi geopolitica. I rischi legati al cambiamento climatico tornano quindi a occupare il primo posto tra i 10 principali rischi emergenti nel mondo. La consapevolezza riguardo il climate change è più alta in Europa, mentre si posiziona al terzo posto in Asia e Medio Oriente, e al quarto in Africa, dove il Covid-19 rimane la principale preoccupazione.

Il Covid-19 è al terzo posto nella classifica degli esperti

In un contesto segnato dall’accelerazione della trasformazione digitale e dall’esplosione del numero di attacchi informatici, lo studio conferma però anche una forte preoccupazione per la sicurezza informatica. Questo rischio infatti si posiziona al primo posto negli Stati Uniti e al secondo posto in tutte le altre aree geografiche. Quanto ai rischi relativi a pandemia e malattie infettive, che lo scorso anno si erano classificati al primo posto, è sceso al terzo posto nella classifica degli esperti, ma resta la preoccupazione più alta del grande pubblico, la cui quotidianità è ancora segnata dalla crisi sanitaria. La pandemia da Covid-19 ha avuto infatti un impatto duraturo sulla sensazione di vulnerabilità e i rischi per la salute: oltre il 70% degli intervistati afferma di essere preoccupato per i rischi di malattie infettive, malattie croniche e per l’impatto dell’esposizione a lungo termine a sostanze tossiche.

Un basso livello di fiducia nella capacità dei Governi 

In generale, l’indagine rivela un basso livello di fiducia nella capacità dei Governi di affrontare questi rischi. D’altronde, di fronte a rischi sempre più complessi, oltre il 55% degli intervistati ritiene che un approccio collettivo e globale sia il modo più appropriato per proporre soluzioni efficaci.

L’effetto della pandemia sulla retribuzione media annua

Come conseguenza dell’ampio ricorso alla cassa integrazione durante la pandemia da Covid-19 nel 2020 le retribuzioni medie annue risultano profondamente influenzate dalla riduzione delle giornate retribuite dal datore di lavoro. Le vicende drammatiche del 2020 hanno avuto un impatto dirompente sulle retribuzioni dei lavoratori, e condizionano pesantemente l’analisi della dinamica. È uno degli aspetti che emergono dal XX Rapporto annuale dell’Inps. Non si può spiegare altrimenti, spiegano dall’Inps, sia la caduta della retribuzione media annua dei dipendenti, scesa da 24.140 euro nel 2019 a 23.091 euro nel 2020 (-4,3%), corrispondente a una perdita di poco più di 1.000 euro, sia la crescita contemporanea delle retribuzioni medie annue dei dipendenti full year (passate da 32.668 a 36.448 euro, +11,6%) e dei dipendenti part year (passate da 12.698 euro a 14.698 euro, +15,8%).

Una modifica nella distribuzione dei dipendenti per continuità di impiego

Secondo il XX Rapporto annuale Inps si tratta di una dinamica che sottintende fenomeni di selezione settoriale e professionale che rispetto all’anno precedente hanno ridotto e modificato la composizione dei dipendenti full year, e specularmente, aumentato e modificato quella dei dipendenti part year. È evidente, dunque, che il risultato complessivo finale di vistosa contrazione della retribuzione media annua è condizionato soprattutto dall’eccezionale modifica nella distribuzione dei dipendenti per continuità di impiego. Questo a causa della consistenza e della diffusione delle sospensioni dal lavoro causate dalla pandemia.

La riduzione dei contratti part time, dell’apprendistato e dei contratti a termine

Non a caso sono solo le retribuzioni del settore pubblico a evidenziare dinamiche nettamente più contenute, allineate con quanto usualmente si osserva di anno in anno, perché in pratica non ‘viziate’ dalle variazioni straordinarie delle giornate effettivamente lavorate. Analoghe considerazioni, spiega l’Inps, si possono proporre a proposito delle retribuzioni medie giornaliere. Anche in tal caso hanno influito le dinamiche eccezionali del 2020, con la riduzione, nella composizione della domanda di lavoro effettiva, sia dei contratti part time sia dell’apprendistato e dei contratti a termine.

Rimangono mediamente più stabili le retribuzioni nel settore pubblico

È per questo motivo, si legge ancora nel XX Rapporto annuale Inps ripreso da Adnkronos, che la retribuzione media giornaliera è aumentata per l’insieme dei dipendenti, passando da 96 euro a 98 euro (+2,8%). Anche l’incremento della retribuzione media dei dipendenti part year, passata da 73 euro a 79 euro (+7,5%) è effetto delle dinamiche già indicate. Rimangono mediamente più stabili, e rispetto al settore privato più alte, le retribuzioni nel settore pubblico.

Lombardia, dalla Regione un nuovo impulso agli investimenti esteri

Obiettivo, convogliare sul territorio importanti investimenti esteri. Ha questo preciso scopo il nuovo passo effettuato dalla giunta, che ha recentemente definito i criteri della manifestazione di interesse per la mappatura delle opportunità di insediamento e di investimento in Regione. 
“La Lombardia – ha spiegato l’assessore allo Sviluppo Economico di Regione Lombardia, Guido Guidesi – è la Regione più attrattiva d’Italia e vogliamo continui ad essere meta privilegiata per gli investitori esteri. Questa iniziativa vuole dare un’opportunità concreta a chi vuole venire ad investire in Lombardia. Rispetto al passato abbiamo voluto introdurre importanti novità: la prima riguarda l’inclusione della tipologia di offerta progetti di riqualificazione e/o sviluppo urbano, la seconda l’ampliamento della platea di soggetti destinatari, oltre ai Comuni, anche Unioni di Comuni, Comunità Montane, Province e Città Metropolitane”.

Due diverse tipologia di offerta: opportunità di insediamento e riqualificazione

Le opportunità di insediamento e i progetti di investimento con le funzioni d’uso ammesse verranno pubblicati sulla piattaforma digitale, nuova e userfriendly www.investinlombardy.com. In merito alle tipologie di offerta, queste sono due, ben distinte fra loro: “La prima riguardante le aree edificabili ed edifici esistenti quali opportunità di insediamento per attività di tipo prevalentemente economico e comprendenti sia le aree pronte all’uso sia le aree e gli immobili dismessi. La seconda rivolta a progetti di riqualificazione e/o di sviluppo urbano strategici per il territorio quali opportunità di investimento. Per entrambe le tipologie di offerta potranno essere candidate opportunità di proprietà pubblica e/o privata, in questo secondo caso previa attivazione di una procedura ad evidenza pubblica” spiega una nota della Regione.

I vantaggi dell’investimento

L’ammissione alla manifestazione d’interesse offre i seguenti vantaggi: pubblicazione sulla piattaforma www.investinlombardy.com di una scheda informativa sull’opportunità di insediamento/progetto di investimento. Ed inoltre: la promozione delle opportunità di insediamento e dei progetti di investimento attraverso azioni specifiche e mirate in occasione di iniziative di promozione su scala nazionale e internazionale come eventi, meeting, conferenze, convegni, fiere, campagne di comunicazione ed editoria. Azioni queste realizzate in collaborazione con Promos Italia, il Sistema Camerale lombardo e nella collaborazione istituzionale tra Regione Lombardia e gli Enti della diplomazia economica italiana ed estera.
“Grazie a questo progetto oggi in Lombardia gli investitori italiani ed esteri hanno a disposizione dei servizi qualificati di supporto alle loro decisioni, con un unico punto di accesso e una piattaforma telematica dedicata che raccoglie le opportunità di investimento. – ha dichiarato Gian Domenico Auricchio Presidente di Unioncamere Lombardia. È con queste azioni concrete che vogliamo intercettare la ripartenza economica per consolidare l’attrattività del nostro territorio e contribuire così a creare nuovi insediamenti economici nella nostra regione.”
“Da anni la Lombardia ha saputo fare sistema – ha spiegato Giovanni Da Pozzo, Presidente di Promos Italia – enti ed istituzioni regionali collaborano tra loro e con omologhi nazionali ed internazionali con l’obiettivo di sviluppare progetti e politiche in grado di favorire l’attrattività. Non è un caso che la regione lombarda sia la più attrattiva d’Italia, con circa 200 progetti di investimento estero atterrati nell’ultimo triennio, e nel 2021 sono già 30 i progetti di investimento estero annunciati in Lombardia”.

Italiani scettici e impreparati per la sostenibilità digitale

Qual è il livello di consapevolezza degli italiani sui temi sostenibilità e digitale? E qual è il loro punto di vista sul ruolo della digitalizzazione come strumento di sviluppo sostenibile? A queste domande risponde la ricerca Italiani e Sostenibilità Digitale: cosa ne sanno, cosa ne pensano, realizzata dal Digital Transformation Institute, la prima Fondazione di Ricerca italiana per la sostenibilità digitale. Con Next Generation EU, l’Italia potrà infatti investire nei prossimi anni 191 miliardi di euro nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Un piano basato appunto su due assi, digitalizzazione e sostenibilità ambientale e sociale.

La percezione dell’urgenza delle scelte sostenibili
L’80% degli italiani afferma di avere una conoscenza abbastanza o molto precisa della sostenibilità. Tuttavia, le persone interpretano tale concetto in una dimensione ideologica, priva di un reale impatto nei comportamenti o nelle azioni. Ciò emerge con forza a partire dalle priorità percepite: il 46% degli italiani ritiene prioritarie le scelte ambientali e il 38% quelle orientate al benessere dell’individuo, con un 16% che mette al primo posto le scelte economiche. Allo stesso tempo una parte significativa degli italiani (62%) non è in grado di correlare la visione di sostenibilità che ritiene prioritaria con le scelte economiche e sociali che dovrebbero essere coerenti con essa.

La strada per la sostenibilità digitale è in salita
Anche per quanto attiene la tecnologia i contrasti sono molto forti. Il 92% ritiene infatti che il digitale sia fonte di opportunità, ma il 65% sostiene anche che sia fonte di diseguaglianza, perdita di posti di lavoro e ingiustizia sociale. La strada per la sostenibilità digitale, ovvero l’uso della tecnologia come strumento di sostenibilità ambientale, sociale ed economica, è quindi in salita. Inoltre, benché la maggioranza degli italiani abbia chiara l’urgenza di affrontare problemi come il cambiamento climatico (74%) e l’inquinamento (76%), la gran parte nella pratica quotidiana non fa quanto potrebbe per usare la tecnologia come strumento di sostenibilità. Sono infatti solo il 10% gli italiani che utilizzano regolarmente applicazioni a supporto della riduzione dei consumi, mentre il 13% le usa raramente, e il 27% dichiara di non conoscerne l’esistenza. Ma il dato più significativo è rappresentato da un 49% che pur specificando di conoscerne l’esistenza, comunque non le adotta. 

Manca la consapevolezza dell’impatto della tecnologia sull’ambiente

Inoltre, se da una parte le persone non usano il digitale come strumento di sostenibilità, dall’altra non si rendono conto di quanto davvero impatti sull’ambiente. Più della metà degli intervistati sostiene che l’impatto ambientale della digitalizzazione sia forte (61%), tuttavia sono solo il 13% coloro che riescono a quantificare correttamente il consumo effettivo di un’ora a settimana di streaming video, ovvero, pari a quello di due frigoriferi collegati 24h. Insomma, non solo non sfruttiamo appieno la tecnologia digitale come risorsa per lo sviluppo sostenibile, ma non ci rendiamo nemmeno pienamente conto di quale sia il suo reale impatto ambientale.

Il mercato immobiliare tiene, ma la qualità energetica non migliora

Nonostante la pandemia, nel 2020 l’introduzione del nuovo regime di incentivi fiscali per gli interventi di efficienza energetica e antisismici degli edifici e del Superbonus al 110% hanno contribuito alla tenuta generale del mercato immobiliare italiano. Un risultato positivo, purtroppo non bilanciato dai dati relativi al miglioramento della qualità energetica degli edifici. È quanto emerge dall’analisi sul monitoraggio delle dinamiche del mercato immobiliare in funzione delle caratteristiche energetiche degli edifici, frutto della collaborazione tra l’ENEA, l’Istituto per la Competitività (I-Com) e la Federazione Italiana degli Agenti Immobiliari Professionisti (FIAIP).

Efficienza energetica, un dato largamente insoddisfacente

“La tenuta del mercato immobiliare anche rispetto alla dimensione dell’efficienza energetica è un dato molto positivo se si considera che il 2020 è stato un anno particolare, segnato da consistenti arretramenti di molti indicatori economici e di benessere sociale causati alla pandemia – sottolinea Franco D’Amore, vicepresidente I-Com -. Se però guardiamo agli obiettivi per l’efficienza energetica al 2030 e ancor di più, alla prospettiva della decarbonizzazione del parco immobiliare al 2050, il dato è largamente insoddisfacente”.

La compravendita maggiore è ancora per gli immobili di classe G 

L’indagine evidenzia come la percentuale di immobili appartenenti alla classe energetica G risulti ancora la maggiore nel corso del 2020, nel quale però non si è ancora vista un’accelerazione della qualità energetica in linea con le prospettive indicate dall’Unione europea. Per il comparto del nuovo e del ristrutturato si assiste invece a un sostanziale consolidamento dei dati rispetto al 2019, mentre raggiunge quasi un valore di saturazione la percentuale degli immobili compravenduti nuovi nelle classi energetiche A1-4 e B, pari all’80%. La dimostrazione che gli obblighi di legge sugli standard minimi hanno inciso notevolmente sui trend di mercato per questa tipologia di immobili. Quanto ai dati relativi alla percentuale di edifici e alle classi energetiche maggiormente ricercate, quattro classi in termini di performance energetiche (G-D) coprono una percentuale che va dall’85% dei monolocali al 74% delle villette a schiera. In particolare, le villette a schiera crescono di 6 punti percentuali rispetto al 2019.

Il 2021 potrebbe rappresentare l’anno di svolta

Dal report risulta invece leggermente in calo il dato relativo agli immobili di migliore qualità energetica sottoposti a ristrutturazione e immessi sul mercato, che passa dal 36% del 2019 al 30% del 2020. La ristrutturazione rappresenta quindi un’importante finestra di opportunità per incidere sulla qualità energetica degli edifici, anche alla luce dell’impatto delle misure del Superbonus 110%. La speranza è quindi che il 2021 possa rappresentare l’anno di svolta. “Qualificazione della domanda immobiliare, effetti delle misure del Superbonus 110% ed entrata a pieno regime delle norme sugli edifici a emissione quasi zero – sottolinea D’Amore – potrebbero essere l’innesco di un salto radicale nelle dinamiche del mercato immobiliare rispetto al tema dell’efficienza energetica”.

I complementi d’arredo importanti per la tua casa

Quando hai arredato casa e pensi di aver completato ogni aspetto, arriva il momento in cui ti accorgi che in realtà manca qualcosa e che ci sono piccoli elementi che ricoprono un ruolo molto importante per completare gli arredi di ogni stanza. Vediamo insieme quali.

I cuscini, un accessorio che evidenzia la tua personalità

Quando si tratta di idee per un soggiorno moderno c’è un accessorio che garantisce comodità ed un impatto visivo, stiamo parlando dei cuscini.  Questi fanno la differenza in ogni spazio, abbinandosi facilmente ad altri elementi e regalando una sensazione di cura e benessere.

Il colore da scegliere dipende dal concept degli arredi, e variano dai toni pastello alle stampe fino a quelli più eleganti in bianco e nero. Di sicuro il loro stile è senza tempo poiché i cuscini non passano mai di moda.

Decorare uno spazio o rinnovarlo è un compito assai difficile dunque, ma ci sono complementi che sono in grado di aiutarci e sicuramente i cuscini decorativi sono tra questi. Possiamo pensare a diversi tipi di cusciti da abbinare allo stile degli arredi, trame, forme e una gamma infinita di colori.

Tappeti come elemento strutturale

Combina le nuove tendenze di arredo con elementi di lusso come i migliori tappeti, ideali per mettere in risalto i diversi tessuti presenti nel tuo living e dare maggiore sensazione di calore. Un tappeto cambia l’impatto visivo della stanza (anche la più semplice) e la trasforma in un luogo di lusso ed elegante. Un buon tappeto riesce inoltre ad abbassare i toni fornendo una sensazione di delicatezza.

Lampade

Le lampade sono un elemento fondamentale per proiettare calore e sensazione di benessere nella tua casa. Alcuni modelli di lampade artistiche sono particolarmente eleganti ed in grado di infondere eleganza e ricercatezza ad ogni ambiente, grazie anche ai particolari giochi di luci ed ombre che è possibile creare posizionandole nei punti giusti.

Non hai che l’imbarazzo della scelta dunque, per completare l’arredamento di casa con complementi eleganti e realmente in grado di apportare valore ad ogni tipo di ambiente.

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Incertezza su futuro e salute: meno spese, più strumenti finanziari e assicurativi

L’attuale clima di insicurezza rende le famiglie italiane dubbiose sui progetti futuri e la pianificazione delle spese per il 2021. Nell’ultimo semestre del 2020 il 43% delle famiglie italiane non è riuscita a risparmiare, e se per il 24% questa è una situazione nuova, il restante 19% definisce la difficoltà strutturale, che non dipende cioè solo dalla crisi sanitaria. Allo stesso tempo, l’incertezza sul futuro e sulla salute spingono il ricorso a strumenti finanziari e assicurativi. Secondo i dati dell’Osservatorio The World After Lockdown di Nomisma e CRIF, il 14% degli attuali user ha infatti intenzione di aumentare la spesa per investimenti in fondi pensione, e il 17% per polizze sanitarie integrative.

Chi è riuscito a risparmiare lo ha fatto non senza difficoltà

I dati di Nomisma e CRIF parlano chiaro: chi è riuscito a risparmiare (57%) lo ha fatto non senza difficoltà, spesso facendo fronte a stento ad alcune voci di spesa o rimandando alcune spese. Tra le spese affrontate a fatica ci sono le utenze: un quarto degli italiani negli ultimi sei mesi ha avuto difficoltà a far fronte ai pagamenti delle bollette, così come del canone di affitto, e il rimborso delle rate di mutui e finanziamenti. Se 4 italiani maggiorenni su 10 hanno un contratto di finanziamento in corso, di questi, il 20% dichiara di aver rimborsato le ultime rate dell’anno con una certa difficoltà. Per tale ragione, molti hanno dovuto rivedere le proprie posizioni, ad esempio beneficiando della moratoria per la sospensione del rimborso delle rate.

Nasce l’esigenza di proteggersi e tutelarsi

Tale scenario di incertezza ha fatto nascere però l’esigenza di proteggersi e tutelarsi maggiormente: il 5% degli italiani dichiara di avere intenzione di incrementare, rispetto a prima dell’arrivo dell’emergenza sanitaria, il ricorso a strumenti finanziari, come la sottoscrizione di polizze assicurative. La previsione che vede ampliarsi il ricorso a servizi banking o insurance sembra legata alla maggiore attenzione per la tutela del proprio futuro e della propria salute: il 14% ha intenzione di aumentare la spesa per investimenti in fondi pensione e il 17% per polizze sanitarie integrative.

Nel 2021 si continuerà a ridurre o rimandare le spese Non conoscendo i tempi per un pieno ritorno alla normalità, per gestire meglio questa fase di incertezza gli italiani si dichiarano pronti a comprimere o addirittura a rinunciare a molte delle spese non strettamente necessarie. Il 36% degli intervistati quest’anno prevede infatti di risparmiare sui consumi fuori casa, il 36% anche sui trasporti pubblici e il 35% su viaggi e vacanze.  Ma i cittadini sembrano orientati a privarsi anche di alcuni momenti di relax, ad esempio riducendo lo shopping per abbigliamento e scarpe (29%), o stringendo la cinghia anche sui servizi alla persona, come estetista e parrucchiere (23%) o baby-sitter (5%). E sarà così anche le spese per casa e auto: il 15% delle famiglie prevede di spendere di meno per la manutenzione della propria abitazione e il 24% per l’auto