Parità di genere nelle aziende italiane: il futuro è donna?

Anche se oggi al vertice di molte istituzioni ci sono delle donne, nella normale routine delle aziende non è sempre così. Se con l’entrata in vigore della Legge Golfo-Mosca del 2011 si è prodotto un incremento della presenza femminile negli organi di amministrazione delle società quotate (dal 7,4% del 2011 al 36,5% del 2019) e negli organi di controllo (dal 6,5% al 38,8%), solo l’1,7% delle donne ricopre il ruolo di AD nelle società quotate e solo lo 0,7% nelle banche. E negli ultimi due anni, complice la crisi economica legata alla pandemia, il divario di genere nel mondo del lavoro è cresciuto ulteriormente. Dalla recente indagine effettuata da EY con SWG emergono dati su cui riflettere. La ricerca evidenzia per esempio come l’obiettivo della parità di genere nei ruoli dirigenziali sia tutt’altro che semplice da raggiungere nel breve termine: per il 35% delle dirigenti intervistate ci vorranno più di 10 anni, mentre per il 16% sarà del tutto irraggiungibile. Come se non bastasse, la metà delle lavoratrici intervistate ritiene presente uno squilibrio nella possibilità di carriera e di compensi rispetto ai colleghi uomini. 

Ancora squilibri di genere

Un quadro della situazione attuale delle aziende italiane su temi come leadership femminile e ruolo delle donne emerge dalla ricerca EY e SWG effettuata a febbraio 2022. Si tratta di un’indagine quantitativa condotta mediante una rilevazione online con il metodo CAWI (Computer Assisted Web Interview) su tre diversi target di riferimento: 514 donne lavoratrici di età tra 30 e 50 anni; 104 donne impiegate come dirigenti, manager, imprenditrici e quadri; 103 uomini impiegati come dirigenti, manager, imprenditori e quadri. Rispetto al vissuto nel contesto lavorativo emergono forti squilibri di genere con una decisa penalizzazione delle donne. In particolare, il 30% delle lavoratrici tra 30 e 50 anni afferma che la posizione professionale occupata non è in linea con le proprie competenze e aspettative, mentre il 40% ritiene che la propria retribuzione non sia adeguata al lavoro svolto. Inoltre, il 52% dichiara che nella propria azienda uomini e donne non hanno le stesse opportunità di fare carriera. A supporto dei dati appena citati, emerge che nella percezione sia delle lavoratrici che dei dirigenti (donne e uomini) interpellati, solo in un terzo delle aziende è presente una parità di genere per quanto riguarda i ruoli dirigenziali e laddove le donne occupino ruoli dirigenziali, si trovano a gestire una quantità di risorse inferiori rispetto ai colleghi. Un altro dato significativo circa le difficoltà con cui si devono misurare le lavoratrici riguarda la maternità: oltre la metà delle intervistate ha dichiarato di aver ricevuto durante il primo colloquio di lavoro domande sul fatto di avere figli o di volerne in futuro. Dunque, la maternità appare ancora un elemento di ostacolo nei percorsi di ingresso nel mondo del lavoro e nella possibilità di fare carriera. 

Un buon leader non è legato al genere

E’ interessante però notare che la percezione generalizzata sul fatto che le caratteristiche di un buon leader non siano legate al genere. Il 75% dei dirigenti intervistati, infatti, ritiene che un’azienda con una leadership più equilibrata tra uomini e donne conduca a risultati più performanti. Tra le motivazioni alla base della minore diffusione della leadership femminile, appare definitivamente tramontato il luogo comune che fare carriera non rientri tra i desideri delle donne. Una volontà di carriera però spesso rallentata principalmente da due fattori: predominanza maschile nei ruoli chiave con ridotte possibilità di affermazione per le donne (indicata dal 75% delle lavoratrici) e difficoltà a conciliare lavoro e famiglia o attività di cura (indicata dal 84% delle lavoratrici). Emerge inoltre con decisione, sia tra le lavoratrici che tra le dirigenti, il gradimento per una legge che renda vincolante per le aziende raggiungere obiettivi di identità di genere. A livello di iniziative per ridurre il gender gap, nella percezione degli intervistati risultano ancora poche le aziende italiane che si sono dotate di un struttura organizzativa ad hoc per affrontare temi come gender equality e inclusione. Nello specifico, il 68% delle aziende non è dotato di una struttura ad hoc che si occupi di inclusione e solo il 21% ha previsto di crearne una prossimamente.  In particolare risultano mancare soprattutto le strutture in favore di un corretto equilibrio tra lavoro e famiglia, oltre a sistemi per la misurazione della gender equality. Un dato che fa particolarmente riflettere è quello sulla diversa percezione tra dirigenti uomini e donne in fatto di effettiva equità nel trattamento: per il 76% dei dirigenti uomini c’è parità di trattamento, contro il 50 % dei dirigenti donne.