Stangata in bolletta per luce e gas: le contromosse per risparmiare 

Il 2022 si è aperto con una vera e propria stangata sui budget familiari degli italiani a causa dei forti rincari di luce e gas. E già nel 2021 si era registrati aumenti per le forniture energetiche. Insomma, si tratta di costi importanti che peseranno e non poco sui conti domestici. Ovvio che, con queste premesse, gli italiani stiano cercando di risparmiare qualcosa mettendo in campo contromosse come spegnere le luci o rinunciare agli abbonamenti alle piattaforme streaming.

Gli aumenti che ci attendono

Secondo la stima dell’Arera, l’Autorità di regolazione per Energia Reti e Ambiente, le nuove tariffe si tradurranno in una spesa per la famiglia-tipo di: +68% per la bolletta elettrica (circa 823 euro); +64% per la bolletta del gas (circa 1560 euro). Un caro bollette che si fra sentire sull’economia familiare: secondo un’indagine condotta da Condexo, azienda che si occupa di gestioni condominiali, che ha deciso di sondare l’opinione delle famiglie alle prese con gli aumenti dei costi di elettricità e gas, l’aumento peserà “molto” per il 75% degli intervistati; “abbastanza” per il restante 25%. Tra quanti hanno risposto al sondaggio, il 60% dichiara che sarà l’elettricità la voce più pesante.

Prove di risparmio

Per risparmiare e compensare gli aumenti, il 50% degli italiani intervistati sceglie di tenere meno luci accese in casa; il 44% farà invece un uso minore degli elettrodomestici, per far fronte al caro bollette meno lavatrici e lavastoviglie. Tra i rimedi il 25% degli intervistati ha dichiarato che sostituirà le vecchie lampadine con quelle a basso consumo; il 6% pensa invece di sostituire i vecchi elettrodomestici; il 3% l’impianto di riscaldamento. Solo il 19% è disposto ad abbassare le temperature dei termosifoni sotto i 22° nonostante ad ogni grado in meno rispetto a questo livello corrisponda un risparmio compreso tra i 6% e il 10% sul consumo. Per il 44% meglio optare per la minor dispersione del calore in casa: infissi ben chiusi, ambienti isolati e porte serrate, niente panni sui termosifoni da sottoporre a manutenzione insieme alla caldaia. Rincari che si ripercuotono anche sulle abitudini. Per far fronte alle maggiori spese per luce e gas il 65% degli intervistati da Condexo rinuncerà a pranzi e cene fuori; il 36% alla colazione al bar dove i rincari hanno fatto schizzare in alto il prezzo del caffè: secondo i calcoli di Assoutenti in alcuni casi raggiunge il prezzo di 1,50 euro la tazzina, con un rincaro del 37,6%. Il 33% taglierà su eventi sportivi dal vivo, quindi partite viste allo stadio o nei palazzetti dello sport. Il 25% rinuncerà agli abbonamenti a piattaforme streaming, stessa percentuale per chi dirà no a gite fuoriporta e piccoli viaggi o eventi culturali come cinema, teatro e mostre. Infine, un 8% ha dichiarato che taglierà le sigarette.

Il lavoro autonomo fatica a riprendere quota

Anche se molti indicatori economici sono ora positivi dopo i mesi più duri della pandemia, c’è una voce che fa fatica a recuperare terreno: è quella del lavoro autonomo, stando ai dati diffusi in un’analisi della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, che attinge dai dati Istat relativi al terzo trimestre del 2021. In base al report, nonostante un lieve incremento (+1,3%) registrato a novembre sul mese di ottobre 2021, il loro autonomo non riesce a recuperare i valori pre Covid.

Giovani e donne i più colpiti

Negli ultimi tre mesi del 2021 si è registrato un calo di 350 mila occupati rispetto allo stesso periodo del 2019, scendendo a quota 4 milioni e 940 mila. La perdita maggiore tra le donne: -131 mila occupate, ma anche tra gli uomini i valori registrati sono elevati, considerato un decremento complessivo di 219 mila indipendenti. La pandemia ha senza dubbio accentuato le criticità di un modello di lavoro, quello autonomo, che ha perso appeal tra i lavoratori, soprattutto i più giovani. Nella fascia di età tra i 40 e 49 anni gli autonomi ,sono calati di 223 mila unità, mentre cali più contenuti si sono registrati nella classe 50-59 anni con 60 mila lavoratori in meno. 

Il commercio il settore più “fragile”

È il commercio il settore maggiormente colpito, riferisce Askanews: rispetto al 2019, infatti, si sono persi più di 190 mila autonomi; a seguire l’industria (43 mila unità in meno) e l’area dei servizi tecnici e professionali (34 mila autonomi in meno). Il settore dell’edilizia, invece, registra un buono stato di salute, con un incremento del lavoro autonomo negli ultimi due anni del 2,8%. Anche sotto il profilo professionale si registrano tendenze diverse. Le professioni tecniche sono quelle più impoverite con quasi 100 mila occupati in meno nell’ultimo biennio. I dati non sono più confortanti per le professioni intellettuali e ad elevata specializzazione: rispetto al 2019, infatti, si sono persi 73 mila lavoratori. A penalizzare ancor di più questo mondo è la diversità di tutela rispetto al lavoro a tempo indeterminato. Secondo l’indagine condotta ad aprile 2021 da Fondazione Studi e SWG, due autonomi su tre hanno dichiarato che la pandemia ha avuto un impatto negativo (51,8%) o molto negativo (14,9%) sul loro lavoro e il 53,5% ha affermato di aver registrato una riduzione del reddito. E anche le prospettive per quanto riguarda il 2022, riferiscono gli esperti, sono nel segno dell’incertezza.

Nel 2022 più rischi cyber per aziende, Vip e IoT

A tracciare un quadro dei rischi cyber nel 2022 sono gli esperti dell’azienda di sicurezza Yarix: “Nel 2022 ci aspettiamo che continuino gli attacchi ransomware basati su un modello di estorsione a quattro livelli: rendere inutilizzabili i dati della vittima chiedendo un riscatto per riottenerne l’accesso, minacciare di divulgare i dati e rendere pubblica la violazione, minacciare di colpire i clienti della vittima e attaccare la supply chain – sostengono gli esperti -, cioè i suoi fornitori di tecnologia con l’obiettivo di manipolare e compromettere l’infrastruttura e il codice sorgente del software”.
Ma secondo gli esperti Yarix, se nel 2021 gli hacker hanno usato sempre più ransomware per colpire aziende, infrastrutture critiche e la sanità, nel 2022 le aggressioni con richiesta di riscatto si amplieranno, e a queste si affiancheranno il furto di dati ai Vip, le intrusioni nel cloud, lo sfruttamento di vulnerabilità sconosciute nei sistemi e la compromissione dei dispositivi IoT. 

Rubare i dati e colpire gli ambienti cloud

Il furto di dati, secondo i ricercatori, rimarrà uno degli aspetti critici nel prossimo anno, con eventi che riguarderanno figure apicali o di spicco (Vip e influencer) in quanto più esposte pubblicamente, allo scopo di ampliare il fenomeno mediatico. Ma con la migrazione sempre più massiccia verso ambienti cloud (secondo Gartner la spesa globale per questi servizi aumenterà del 54% rispetto al 2020), i cybercriminali tenteranno sempre più l’accesso con l’uso di email di phishing per rubare le credenziali, ma verrà sfruttata anche la potenza di calcolo del cloud per fabbricare illecitamente criptovalute.

Le vulnerabilità ‘zero day’ dei software e l’IoT

Altra minaccia che diventerà più massiccia nel 2022 è quella relativa allo sfruttamento di vulnerabilità cosiddette zero day, ovvero falle nei software sconosciute anche agli stessi sviluppatori. L’ultima in ordine di tempo è quella chiamata Log4Shell, tanto che recentemente anche l’Agenzia italiana di cybersicurezza ha lanciato un allarme.
“Per i produttori di software il tempo utile per far fronte alle vulnerabilità con aggiornamenti sarà sempre più ridotto a una questione di giorni, se non di ore”, sottolineano gli esperti.
Nel corso del 2022, inoltre, i cybercriminali utilizzeranno i dispositivi connessi (Internet of Things) “come una comoda base di attacco per la loro attività criminale o come mezzo per muoversi lateralmente all’interno di una rete – spiegano gli esperti -. Altro fronte critico è quello delle auto connesse, diventate ormai un business in forte espansione, e come tale, oggetto di attenzione da parte della criminalità informatica”.

Un approccio ‘zero trust’ per intercettare e neutralizzare le minacce

Come riporta Ansa, “La sfida di oggi, per le aziende evolute, è intercettare e neutralizzare le minacce informatiche – osservano i ricercatori di Yarix -. Per mantenere applicazioni e ambienti sicuri, è indispensabile un approccio ‘zero trust’, nel quale qualsiasi utente o dispositivo che tenti di connettersi alle applicazioni e ai sistemi deve essere verificato prima di ottenere l’accesso. Per le aziende sarà inoltre strategico ‘pensare come i criminali’, e iniziare ad avere maggiore visibilità di quello che avviene nel surface web e nel dark web”.

Cybersecurity, sanità e ospedali minacciati dagli hacker

La pandemia ha dato una spinta ulteriore ai criminali informatici, e la sanità è sempre più nel mirino degli hacke. Un esempio è l’attacco alla piattaforma per le prenotazioni digitali della Regione Lazio, e sul Dark Web alcune piattaforme mettono addirittura a disposizione le dosi di vaccino Covid-19 di diverse case farmaceutiche, tra cui Pfizer-Biontech e Sputnik, ovviamente a prezzi da borsa nera. Ma la minaccia digitale entra anche negli ospedali e nelle strutture sanitarie italiane. Uno dei metodi più usati? Un membro di un gruppo cybercrime entra in ospedale e si mette in coda per un esame al poliambulatorio. L’obiettivo è individuare un punto rete non custodito, come un armadio di cablaggio. Qui, attraverso dispositivi per lo sniffing dei dati, ottiene le password, spesso in chiaro proprio perché l’ospedale utilizza applicativi antiquati, e non dotati di crittografia.

I vaccini “scontati” sul Dark Web

Quanto alla borsa nera dei vaccini anti Covid19, 800 fiale di Pfizer-Biontech vengono vendute sul Dark Web a 19.000 euro (in sconto da 34.000) e 1.000 dosi di Sputnik a 6.500 euro (in sconto da 8.000). Insieme ai vaccini vengono spedite le istruzioni dettagliate per l’inoculazione, i componenti, i contenuti dei trial clinici e il bugiardino con gli effetti indesiderati. I venditori sono recensiti con average score molto alti, forse anche per via della disponibilità. Non è infatti difficile contattarli via mail, WhatsApp o Telegram. Ma il punto più importante da difendere sono le banche dati. Cynet, società israeliana fondata nel 2015, ha messo a punto un sistema di automatizzazione il cui punto di forza è la caccia ai ransomware proprio nelle prime fasi dello sviluppo di una minaccia. Una volta riscontrato che le attività anomale non sono falsi positivi, Cynet trova la firma dell’attaccante, individua le macchine su cui ha messo le proprie credenziali e avvia un’attività di rimedio con il recuperare i dati esfiltrati.

Attenzione a non esporre dati sensibili

CybergOn, business unit di Elmec Informatica dedicata alla cyber security, spiega come proteggere le aziende del settore healthcare. Innanzitutto, non esporre i dati sensibili, e poi pianificare una strategia di protezione dell’azienda in ottica Data Loss Protection, ovvero, con un monitoraggio continuo. La difesa deve quindi essere coerente dal punto di vista della tecnologia per chi la eroga, e da quello della strategia aziendale per chi la riceve. Ma cosa deve fare l’esperto a cui è affidata la protezione dei dati di un’azienda sanitaria? Deve avere un’idea precisa del dominio critico da proteggere, pianificare la difesa e realizzarla.

La formazione dei dipendenti gioca un ruolo fondamentale

Di fondamentale importanza, riporta Adnkronos, sono le attività di vulnerability management, e l’awareness, ovvero la formazione. In alcune organizzazioni industriali la formazione dei dipendenti ha giocato un ruolo fondamentale, trasformando l’utente inesperto da possibile punto di ingresso per un attaccante a ulteriore scudo di difesa, arrivando quindi a ‘sventare’ mail di phishing e tentativi di truffe. Non meno importanti sono le attività continuative di Intelligence, che permettono di identificare nel minor tempo possibile l’esposizione di eventuali database aziendali nel web, sia clear, quello di uso quotidiano, o dark.

Accordo Ue sullo stop del roaming a pagamento fino al 2032

Le istituzioni Ue hanno raggiunto l’accordo politico per estendere l’abolizione del roaming a pagamento fino al 2032. Il nuovo regolamento, in vigore dal 1° luglio 2022, prolungherà quindi per altri dieci anni il sistema esistente ‘Roam Like Home’, in scadenza il 30 giugno 2022, consentendo quindi ai cittadini europei di continuare a usare i propri telefoni cellulari quando si recano all’estero senza costi aggiuntivi rispetto alle tariffe nazionali. Ovviamente, all’interno del territorio della Ue.
I consumatori avranno anche diritto alla medesima qualità e velocità di connessione all’estero come nel proprio Paese, ovunque siano disponibili reti equivalenti.

Accesso senza alcun costo aggiuntivo ai servizi di emergenza

Tra le novità previste dall’intesa, rientra anche l’accesso senza alcun costo aggiuntivo ai servizi di emergenza, sia tramite chiamata sia tramite sms, inclusa la trasmissione delle informazioni sulla posizione di chi chiama. Gli operatori delle Tlc saranno inoltre tenuti a fornire informazioni sul numero di emergenza europeo 112. Sono stati quindi risolti, seppur in parte, i nodi più delicati del negoziato, ovvero le chiamate intra-Ue e le tariffe di roaming all’ingrosso. Durante le trattative, gli eurodeputati hanno infatti spinto per eliminare i supplementi e rendere gratuite le chiamate intra-Ue effettuate dai cittadini europei a numeri di telefono di altri Paesi Ue, attualmente limitate a 19 centesimi al minuto. Un punto fortemente contestato dagli operatori.

Limitate le tariffe di roaming all’ingrosso

Inoltre, l’accordo con gli Stati membri prevede che la Commissione esamini la situazione e valuti se sia necessaria una ulteriore riduzione dei massimali. Le tariffe di roaming all’ingrosso, relative ai prezzi che gli operatori si addebitano a vicenda quando i loro clienti utilizzano altre reti durante il roaming nella Ue, dal 2022 saranno invece limitate a 2 euro per Gigabyte (Gb) progressivamente fino a 1 euro nel 2027. Se i consumatori superano i limiti del contratto durante i loro viaggi, eventuali costi aggiuntivi non potranno essere superiori a queste soglie, riferisce Ansa.

Un mercato del roaming più equo

“Viaggiare all’estero senza doversi preoccupare delle bollette telefoniche è una parte tangibile dell’esperienza del mercato unico della Ue – ha commentato il commissario Ue responsabile, Thierry Breton -. Stiamo garantendo una migliore qualità dei servizi e una maggiore trasparenza per tutti i cittadini della Ue”. Soddisfazione anche da parte del Parlamento europeo: “Stiamo creando un mercato del roaming più equo, concentrandoci in particolare sugli operatori più piccoli, riducendo in modo significativo i massimali all’ingrosso – ha aggiunto l’eurodeputata Angelika Winzig -. In qualità di capo negoziatore del Parlamento europeo, il mio obiettivo era migliorare significativamente la situazione per i consumatori”.

Lo shopping natalizio degli italiani

Nel periodo che precede il Natale, quello dove tradizionalmente si concentra la maggior parte degli acquisti, i marketer dovranno prendere in considerazione cinque fattori principali: finanziario, programmazione degli acquisti, rispetto dei valori dei consumatori, comprensione dei comportamenti e delle motivazioni legati agli acquisti, e modalità per catturare l’attenzione dei consumatori. Da quanto emerge dalla ricerca sul Natale 2021 di Yahoo, e realizzata da YouGov, per guadagnarsi l’attenzione del pubblico è altresì fondamentale che i marketer utilizzino progetti basati su un marketing mix di formati, canali e creatività. Un italiano su 4 quest’anno prevede di investire meno per gli acquisti natalizi, e la spesa media sarà di 242 euro, ma tra gli italiani emerge un cauto ottimismo. Il 66% dichiara infatti che la spesa sarà in linea con l’anno scorso.

Pianificare la ricerca dei regali prima di dicembre

Il 41% del campione pianifica la ricerca dei regali prima di dicembre, soprattutto i giovani tra 25-34 anni. Ed è novembre il periodo di picco degli acquisti, in particolare nel weekend del Black Friday, soprattutto tra i 16-34enni (45%), ma c’è anche un 20% del campione preoccupato della potenziale diminuzione della disponibilità di merce dovuta ai problemi di rifornimento e logistica globali. In ogni caso, i pagamenti alternativi, soprattutto la formula ‘compra ora e paga dopo’ (Buy Now, Pay Later, BNPL), sono quelli che interessano di più, tanto che il 28% ha già utilizzato questo tipo di servizio.

L’impegno verso la Corporate Social Responsibility

Mettere in risalto il proprio impegno verso la Corporate Social Responsibility, studiare nuovi packaging, mostrare più interesse verso il riutilizzo dei prodotti: così i brand si avvicinano di più agli interessi dei consumatori. Che nell’82% dei casi sono più predisposti a comprare alimenti e merci prodotte localmente (85% negli oltre 55enni). Nei prossimi 12 mesi il 43% dei 16-34enni acquisterà più prodotti di seconda mano e adotterà soluzioni di noleggio piuttosto che di acquisto. Infatti, in questa fascia di consumatori il 53% preferisce regalare ‘esperienze’ invece di prodotti. Se le donne sono più predisposte alle tematiche legate alla sostenibilità della distribuzione, l’85% dei consumatori è consapevole dei problemi legati allo smaltimento delle confezioni, e preferisce soluzioni realizzate in materiali biodegradabili, sostenibili o riciclabili.

Comprendere i valori e le motivazioni dei consumatori

Insomma, i brand devono dimostrare di aver compreso le modalità in cui stanno evolvendo le abitudini di consumo e le preferenze dei cittadini. È quindi necessario essere versatili, e puntare non solo sui benefici dell’acquisto online ma anche sui negozi tradizionali. Per catturare l’attenzione dei consumatori occorre quindi utilizzare un approccio omnicanale.
L’85% del campione farà infatti alcuni acquisti natalizi in questi ultimi, ma il 47% dei consumatori vuole mantenere un approccio ibrido, valutando di volta in volta i benefici di un canale rispetto all’altro. La Gen Z, poi, si aspetta di più dalla shopping experience, e nel 32% dei casi andare a fare shopping equivale a un’esperienza sociale da condividere con gli amici o con la famiglia.

TikTok, indagine fra i giovani: più informazione contro le sfide “bufala”

I ragazzi prima di partecipare alle challenge on line vorrebbero saperne di più: è questo ciò che emerge da una recente ricerca commissionata da TikTok e pubblicata con il titolo ‘Analisi di efficaci risposte educative per la prevenzione delle sfide online pericolose’. L’indagine, condotta per promuovere la sicurezza della community, ha messo in luce che circa la metà dei giovani intervistati (il 46%) vorrebbe “maggiore disponibilità di informazioni valide sui rischi” e “sulle attività estreme”. Anche perchè, si scopre sempre dalla ricerca che ha convolto 10 mila persone (adolescenti, genitori ed educatori anche italiani), parte delle challenge on line sono delle vere e proprie bufale. 

Sfide pericolose

Secondo i risultati dell’agenzia indipendente Praesidio Safeguarding, lo 0,3% degli utenti intervistati, tra i 13 e i 19 anni, ha dichiarato di aver preso parte ad una sfida che considerava pericolosa, riporta Ansa. Per quasi la metà (48%), le sfide individuate sull’app sono state percepite come sicure e divertenti; al 32% è stato associato un certo rischio, ma ancora basso; il 14% è stato descritto come rischioso e pericoloso. Soltanto il 3% è stato definito molto pericoloso, con lo 0,3% che ha preso effettivamente parte alle prove, da postare in diretta. Dalla ricerca è inoltre emerso che, prima di parteciparvi, gli adolescenti utilizzano una serie di metodi per comprendere i rischi delle challenge online: guardare video di altri partecipanti, leggere i commenti e parlarne con gli amici.

Le “sfide bufala”, cosa sono

Una sottocategoria di challenge emersa dalla ricerca  quella delle cosiddette sfide bufala, ovvero false sfide legate a suicidio/autolesionismo, come Galindo/ Blue Whale e Momo. Le sfide bufala “propagano un’informazione falsa, cioè che esista un soggetto malintenzionato che spinge gli utenti (di solito giovanissimi) a svolgere una serie di attività dannose che si intensificano, terminando con atti di autolesionismo o suicidio. Queste sono spesso espresse sotto forma di ‘sfida’. In realtà queste ‘sfide bufala’ – sottolinea lo studio – sono storie costruite per diffondere e perpetuare la paura e l’ansia senza alcun elemento autentico di partecipazione o di sfida”. Proprio per questo, e per fornire una migliore informazione su challenge e potenziali contenuti ingannevoli ad adolescenti, genitori ed educatori, TikTok ha sviluppato nuove risorse dedicate nel suo centro sicurezza. In particolare, un nuovo messaggio incoraggia i membri della community a visitare il Centro Sicurezza per saperne di più e a segnalare sfide pericolose.

Cos’è il Phubbing e perché è decisamente poco apprezzato

Sebbene il termine ‘Phubbing’ non sia molto noto, a contrario, si tratta di fenomeno fin troppo diffuso, e decisamente poco apprezzato. Ma cos’è il Phubbing? Dall’inglese ‘Phone’ e ‘Snubbing’, il termine descrive l’atto di trascurare con intenzione i propri interlocutori reagendo istantaneamente a qualsiasi notifica proveniente dallo smartphone, o semplicemente, navigando su Internet nel bel mezzo di una conversazione. In pratica il Phubbing è un comportamento che viola non solo la netiquette (dal vocabolo inglese network, rete, e da quello francese étiquette, buona educazione), ovvero l’insieme di regole informali che disciplinano il buon comportamento di un utente su Internet, ma anche quelle della buona educazione nel mondo reale.

Un comportamento che irrita chi lo subisce

Quando viene subìto il Phubbing è ritenuto un comportamento irritante dalla quasi totalità degli intervistati (81%) da una survey realizzata da Wiko. Eppure, oltre il 70% ammette di aver ceduto a questa cattiva abitudine almeno una volta. Il 23% degli intervistati afferma addirittura di ‘snobbare’ il prossimo frequentemente, lanciando continue occhiate distratte al telefono mentre è in compagnia di una o più persone. Un dato che non stupisce, considerando che il 68% degli utenti controlla il proprio smartphone più di 50 volte al giorno. D’altronde, il device mobile è ormai l’oggetto che mantiene tutti costantemente in contatto e aggiornati, è usato per lavorare, studiare, controllare le notizie, anticipare i cambiamenti del meteo e per socializzare. A quanto pare, però, non con chi ci sta davanti.

Rifugiarsi nello schermo dello smartphone anche in compagnia

Tra le motivazioni più comuni per distrarsi con lo smartphone c’è la noia. Il 78% dei partecipanti alla survey dichiara di controllare il display più spesso se si annoia. Occhio quindi a mantenere le conversazioni sempre brillanti, pena l’essere ignorati. Il restante 22%, invece, cede alla distrazione solo in caso di particolare agitazione. Se l’argomento è spinoso o l’interlocutore mette in soggezione, rifugiarsi nello schermo dello smartphone pare funzionare come un ottimo antistress.

Aumenta la possibilità di fraintendimenti, discussioni e malumori

Per quanto odiato, la maggioranza, comunque, ritiene il Phubbing giustificato se la causa della distrazione digitale è l’attesa di un messaggio importante (61%). E il 39% ha una soglia di tolleranza perfino più alta: il semplice controllo di notifiche ed e-mail vince sulla buona etichetta. Questioni di priorità, insomma. Nonostante quasi tutti siano d’accordo che il Phubbing contribuisca a rendere secondaria l’interazione con gli altri, aumentando la possibilità di fraintendimenti, discussioni e malumori, sembra proprio che alcuni non riescano a fare a meno di avere lo smartphone sempre a portata di mano. Il 30% degli intervistati, infatti, avrebbe grosse difficoltà a lasciare il telefono in tasca per il tempo di una intera conversazione.

Rapporto Ue: le rinnovabili prime nella produzione dell’energia elettrica

Il 2020 non è stato solo l’anno del Covid-19. Almeno nell’Unione europea, ha anche rappresentato un vero e proprio giro di boa sul fronte dell’energia sostenibile. Per la prima volta nel 2020, infatti, le energie rinnovabili hanno superato i combustibili fossili come fonte numero uno per la generazione di energia elettrica nell’Ue. È uno dei dati che emergono dal “Rapporto sullo stato dell’Unione dell’energia per il 2021”, da poco pubblicato dalla Commissione europea. A quasi due anni dal lancio del Green Deal europeo, il rapporto fa il punto sui progressi che l’Ue sta compiendo sul fronte della transizione verso l’energia pulita.

Sulla strada della neuralità climatica

“Sebbene vi siano una serie di tendenze incoraggianti –  si legge in una nota della Commissione – saranno necessari maggiori sforzi per raggiungere l’obiettivo del 2030 di ridurre le emissioni nette di almeno il 55% e raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, e i dati dovranno essere analizzati attentamente il prossimo anno per le tendenze post-Covid di più lungo periodo”. In base ai dati contenuti nel rapporto, nel 2020 le energie rinnovabili hanno generato il 38% dell’elettricità dell’Ue, rispetto al 37% prodotto con l’uso dei combustibili fossili. L’obiettivo del 2030 è di arrivare al 65% di elettricità generata dalle rinnovabili. Ad oggi, nove Stati membri hanno già completato l’eliminazione graduale del carbone, 13 si sono impegnati a farlo entro una data definita e infine altri quattro stanno valutando possibili scadenze.

Dal 2019 al 2020, meno sussidi, consumi ed emissioni

Nel 2020, i sussidi ai combustibili fossili sono leggermente diminuiti, mentre sono aumentate le sovvenzioni per le energie rinnovabili e per l’efficienza energetica. Ma il dato fondamentale, nel confronto tra i due anni, è quello del minor consumo: nel 2020, infatti, il consumo di energia primaria è diminuito dell’1,9% e il consumo di energia finale dello 0,6%. Tuttavia, sottolinea la Commissione, entrambe le cifre sono al di sopra della traiettoria necessaria per raggiungere gli obiettivi dell’Ue per il 2020 e per il 2030. Da notare che proprio quest’ultimo punto  contraddice le conclusioni di un rapporto dall’Agenzia europea dell’Ambiente (Aea) appena pubblicato, secondo cui invece gli obiettivi di efficienza energetica per il 2020 sarebbero stati raggiunti proprio l’anno scorso, grazie ai lockdown imposti dal Covid-19.  Non cambiano tuttavia le raccomandazioni finali. Infatti, anche l’Aea conclude che è necessario aumentare l’efficienza energetica per raggiungere gli obiettivi del 2030. Insomma, vietato allentare la presa: gli Stati membri devono continuare a impegnarsi per migliorare l’efficienza energetica.

Vacanze in autunno? Preferite le mete italiane e culturali

Già in occasione delle vacanze estive 2021 l’indagine Ipsos Future4Tourism faceva emergere segnali incoraggianti anche in merito alle vacanze autunnali degli italiani, con 4 italiani su 10 che ipotizzavano di concedersi un long week-end o una vacanza più lunga tra ottobre e dicembre. La nuova rilevazione conferma come il 61% degli italiani preveda di fare almeno un periodo di vacanza tra ottobre e dicembre, e quanto alla scelta della destinazione, per l’autunno 2021 il 70% dei viaggiatori sceglierà di rimanere in Italia. Rispetto alle vacanze che hanno caratterizzato il 2020-2021 per l’autunno si riscontra però una differenza, ovvero la ripresa delle vacanze culturali, delle visite a borghi e città d’arte.

La Toscana raccoglie il maggior numero di preferenze

I viaggi culturali durante la pandemia hanno registrato le maggiori flessioni. I viaggiatori, hanno infatti preferito dirottare le preferenze su destinazioni di mare o montagna, cioè mete all’aria aperta, in grado di adempiere idealmente al rassicurante distanziamento. Per il periodo ottobre-dicembre, invece si è tornati ai livelli pre-pandemia: il 44% dei viaggiatori italiani sceglierà mete culturali. Tra chi viaggerà in Italia la Toscana è la regione che raccoglie il maggior numero di preferenze (16%), seguita da Trentino, Lombardia, Puglia e Sicilia, con percentuali tra il 7% e il 9% ciascuna. Difficilmente la presenza degli italiani riuscirà però a sopperire alla mancanza di turismo internazionale, ma il fatto che si torni a prendere in considerazione anche il turismo in città d’arte, fa ben sperare per il medio termine e per la ripresa degli scambi turistici tra Paesi.

Si concretizza la speranza di tornare a viaggiare oltre i confini nazionali

Anche l’outlook per il periodo gennaio-marzo è positivo: il 39% degli italiani già a fine settembre dichiara che farà una vacanza nel primo trimestre del 2022, il dato più alto registrato dalla nascita del Future4Tourism per le vacanze invernali. In questo caso, la speranza che la pandemia sia effettivamente alle spalle o comunque le iniziative di contrasto abbiano esplicato il loro ruolo, fa sì che si concretizzi la speranza di poter tornare a viaggiare oltre i confini nazionali, con timidi segnali di ripresa delle mete Europee (24% di preferenze tra i viaggiatori invernali) ed extra-Europee (12%). Ovviamente i prossimi mesi saranno cruciali per confermare queste aperture relativamente al turismo oltre confine.

Le vacanze di Natale e sulla neve

Per il periodo natalizio sarà il 21% a concedersi un periodo di vacanza lontano da casa. Circa la metà, il 46%, includerà nel periodo di vacanza la notte dell’ultimo dell’anno, che tra le festività risulta quella più gettonata. Relativamente ai pernottamenti il periodo privilegia le sistemazioni ‘in casa’, di proprietà, di amici, o in affitto (45% delle preferenze) rispetto alle sistemazioni alberghiere (32%). Inoltre, il 94% degli italiani è sicuro che l’inverno 2021-2022 vedrà l’apertura degli impianti di risalita, anche se per la maggior parte (80%) con le necessarie limitazioni. Insomma, la voglia di vacanze e viaggi degli italiani è innegabile. Le previsioni non possono essere che positive, sempre che la pandemia sia in fase di duraturo contenimento.