Rapporto Ue: le rinnovabili prime nella produzione dell’energia elettrica

Il 2020 non è stato solo l’anno del Covid-19. Almeno nell’Unione europea, ha anche rappresentato un vero e proprio giro di boa sul fronte dell’energia sostenibile. Per la prima volta nel 2020, infatti, le energie rinnovabili hanno superato i combustibili fossili come fonte numero uno per la generazione di energia elettrica nell’Ue. È uno dei dati che emergono dal “Rapporto sullo stato dell’Unione dell’energia per il 2021”, da poco pubblicato dalla Commissione europea. A quasi due anni dal lancio del Green Deal europeo, il rapporto fa il punto sui progressi che l’Ue sta compiendo sul fronte della transizione verso l’energia pulita.

Sulla strada della neuralità climatica

“Sebbene vi siano una serie di tendenze incoraggianti –  si legge in una nota della Commissione – saranno necessari maggiori sforzi per raggiungere l’obiettivo del 2030 di ridurre le emissioni nette di almeno il 55% e raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, e i dati dovranno essere analizzati attentamente il prossimo anno per le tendenze post-Covid di più lungo periodo”. In base ai dati contenuti nel rapporto, nel 2020 le energie rinnovabili hanno generato il 38% dell’elettricità dell’Ue, rispetto al 37% prodotto con l’uso dei combustibili fossili. L’obiettivo del 2030 è di arrivare al 65% di elettricità generata dalle rinnovabili. Ad oggi, nove Stati membri hanno già completato l’eliminazione graduale del carbone, 13 si sono impegnati a farlo entro una data definita e infine altri quattro stanno valutando possibili scadenze.

Dal 2019 al 2020, meno sussidi, consumi ed emissioni

Nel 2020, i sussidi ai combustibili fossili sono leggermente diminuiti, mentre sono aumentate le sovvenzioni per le energie rinnovabili e per l’efficienza energetica. Ma il dato fondamentale, nel confronto tra i due anni, è quello del minor consumo: nel 2020, infatti, il consumo di energia primaria è diminuito dell’1,9% e il consumo di energia finale dello 0,6%. Tuttavia, sottolinea la Commissione, entrambe le cifre sono al di sopra della traiettoria necessaria per raggiungere gli obiettivi dell’Ue per il 2020 e per il 2030. Da notare che proprio quest’ultimo punto  contraddice le conclusioni di un rapporto dall’Agenzia europea dell’Ambiente (Aea) appena pubblicato, secondo cui invece gli obiettivi di efficienza energetica per il 2020 sarebbero stati raggiunti proprio l’anno scorso, grazie ai lockdown imposti dal Covid-19.  Non cambiano tuttavia le raccomandazioni finali. Infatti, anche l’Aea conclude che è necessario aumentare l’efficienza energetica per raggiungere gli obiettivi del 2030. Insomma, vietato allentare la presa: gli Stati membri devono continuare a impegnarsi per migliorare l’efficienza energetica.

Vacanze in autunno? Preferite le mete italiane e culturali

Già in occasione delle vacanze estive 2021 l’indagine Ipsos Future4Tourism faceva emergere segnali incoraggianti anche in merito alle vacanze autunnali degli italiani, con 4 italiani su 10 che ipotizzavano di concedersi un long week-end o una vacanza più lunga tra ottobre e dicembre. La nuova rilevazione conferma come il 61% degli italiani preveda di fare almeno un periodo di vacanza tra ottobre e dicembre, e quanto alla scelta della destinazione, per l’autunno 2021 il 70% dei viaggiatori sceglierà di rimanere in Italia. Rispetto alle vacanze che hanno caratterizzato il 2020-2021 per l’autunno si riscontra però una differenza, ovvero la ripresa delle vacanze culturali, delle visite a borghi e città d’arte.

La Toscana raccoglie il maggior numero di preferenze

I viaggi culturali durante la pandemia hanno registrato le maggiori flessioni. I viaggiatori, hanno infatti preferito dirottare le preferenze su destinazioni di mare o montagna, cioè mete all’aria aperta, in grado di adempiere idealmente al rassicurante distanziamento. Per il periodo ottobre-dicembre, invece si è tornati ai livelli pre-pandemia: il 44% dei viaggiatori italiani sceglierà mete culturali. Tra chi viaggerà in Italia la Toscana è la regione che raccoglie il maggior numero di preferenze (16%), seguita da Trentino, Lombardia, Puglia e Sicilia, con percentuali tra il 7% e il 9% ciascuna. Difficilmente la presenza degli italiani riuscirà però a sopperire alla mancanza di turismo internazionale, ma il fatto che si torni a prendere in considerazione anche il turismo in città d’arte, fa ben sperare per il medio termine e per la ripresa degli scambi turistici tra Paesi.

Si concretizza la speranza di tornare a viaggiare oltre i confini nazionali

Anche l’outlook per il periodo gennaio-marzo è positivo: il 39% degli italiani già a fine settembre dichiara che farà una vacanza nel primo trimestre del 2022, il dato più alto registrato dalla nascita del Future4Tourism per le vacanze invernali. In questo caso, la speranza che la pandemia sia effettivamente alle spalle o comunque le iniziative di contrasto abbiano esplicato il loro ruolo, fa sì che si concretizzi la speranza di poter tornare a viaggiare oltre i confini nazionali, con timidi segnali di ripresa delle mete Europee (24% di preferenze tra i viaggiatori invernali) ed extra-Europee (12%). Ovviamente i prossimi mesi saranno cruciali per confermare queste aperture relativamente al turismo oltre confine.

Le vacanze di Natale e sulla neve

Per il periodo natalizio sarà il 21% a concedersi un periodo di vacanza lontano da casa. Circa la metà, il 46%, includerà nel periodo di vacanza la notte dell’ultimo dell’anno, che tra le festività risulta quella più gettonata. Relativamente ai pernottamenti il periodo privilegia le sistemazioni ‘in casa’, di proprietà, di amici, o in affitto (45% delle preferenze) rispetto alle sistemazioni alberghiere (32%). Inoltre, il 94% degli italiani è sicuro che l’inverno 2021-2022 vedrà l’apertura degli impianti di risalita, anche se per la maggior parte (80%) con le necessarie limitazioni. Insomma, la voglia di vacanze e viaggi degli italiani è innegabile. Le previsioni non possono essere che positive, sempre che la pandemia sia in fase di duraturo contenimento.

Il cambiamento climatico supera il Covid nella classifica dei rischi emergenti

Il cambiamento climatico torna a occupare la prima posizione nella classifica dei principali rischi emergenti nel mondo. Nonostante la crisi sanitaria dovuta al Covid-19, il cambiamento climatico è di nuovo il rischio più temuto dai cittadini di tutto il mondo. Al secondo posto, e in aumento, si posiziona il rischio per la sicurezza informatica, che negli Stati Uniti sta diventando la prima preoccupazione.  Le società però sono ancora troppo impreparate per affrontare queste sfide. Lo rivela l’ottava edizione del Future Risks Report di AXA.

Il climate change è al terzo posto in Asia e Medio Oriente e al quarto in Africa

Lo studio internazionale Future Risks Report di AXA misura e classifica l’evoluzione della percezione in merito ai principali rischi emergenti nel mondo, tenendo in considerazione sia il punto di vista degli esperti di gestione del rischio sia quello dell’opinione pubblica. Il sondaggio è stato realizzato in collaborazione con Ipsos ed Eurasia Group, la società di consulenza di analisi geopolitica. I rischi legati al cambiamento climatico tornano quindi a occupare il primo posto tra i 10 principali rischi emergenti nel mondo. La consapevolezza riguardo il climate change è più alta in Europa, mentre si posiziona al terzo posto in Asia e Medio Oriente, e al quarto in Africa, dove il Covid-19 rimane la principale preoccupazione.

Il Covid-19 è al terzo posto nella classifica degli esperti

In un contesto segnato dall’accelerazione della trasformazione digitale e dall’esplosione del numero di attacchi informatici, lo studio conferma però anche una forte preoccupazione per la sicurezza informatica. Questo rischio infatti si posiziona al primo posto negli Stati Uniti e al secondo posto in tutte le altre aree geografiche. Quanto ai rischi relativi a pandemia e malattie infettive, che lo scorso anno si erano classificati al primo posto, è sceso al terzo posto nella classifica degli esperti, ma resta la preoccupazione più alta del grande pubblico, la cui quotidianità è ancora segnata dalla crisi sanitaria. La pandemia da Covid-19 ha avuto infatti un impatto duraturo sulla sensazione di vulnerabilità e i rischi per la salute: oltre il 70% degli intervistati afferma di essere preoccupato per i rischi di malattie infettive, malattie croniche e per l’impatto dell’esposizione a lungo termine a sostanze tossiche.

Un basso livello di fiducia nella capacità dei Governi 

In generale, l’indagine rivela un basso livello di fiducia nella capacità dei Governi di affrontare questi rischi. D’altronde, di fronte a rischi sempre più complessi, oltre il 55% degli intervistati ritiene che un approccio collettivo e globale sia il modo più appropriato per proporre soluzioni efficaci.

Dal lancio di nuovi prodotti al contenimento delle spese: le strategie delle Pmi per resistere alla crisi

Come hanno risposto le piccole e medie imprese italiane alla crisi innescata dalla pandemia? Lanciando nuovi prodotti nel 30% dei casi. Lo rivela un recente studio di Kaspersky, evidenziando come la proposta di novità sia stata una delle strategie di risposta alle difficoltà imposte dal Covid-19 per il 30% delle piccole imprese italiane. I vari lockdown hanno avuto un impatto negativo sul benessere economico della maggior parte delle PMI italiane (62%), che hanno dovuto adottare molte misure di riduzione dei costi. Lanciare nuove offerte e opportunità di business, così come altre misure adottate, hanno consentito alle aziende di sopravvivere.

Le altre strategie di sopravvivenza

Non c’è solo il lancio di nuovi prodotti tra le azioni di risposta alla crisi da parte delle Pmi tricolori. Tra le altre mosse, spicca il fatto che quasi un’azienda su cinque (18,5%) è entrata in nuovi settori di business. Per le imprese operanti in settori quali eventi, intrattenimento, arte e cultura, o anche nel settore sanitario, questo può voler dire offrire un’alternativa digitale alle attività fisiche proposte. Oppure, negozi e ristoranti possono ampliare la loro offerta abilitando le vendite online e a domicilio. Le aziende produttrici invece potrebbero iniziare a produrre mascherine, disinfettanti e altri prodotti sanitari o concentrarsi su beni per il comfort domestico. Insomma, le imprese resilienti sono quelle che hanno saputo diversificare la loro attività.

Tagli alle spese, a tutti i livelli

Non sono ovviamente mancate decisioni più drastiche e dolorose, mirate al contenimento dei costi. Tra le misure più comuni ci sono stati i tagli al budget aziendale (37%) e l’introduzione del lavoro da remoto per quasi tutti i dipendenti (36%). Sempre per contenere le spese, le piccole aziende italiane hanno anche dovuto ridurre gli stipendi o gli orari di lavoro (27%) e riorganizzazione il budget o ancora bloccare i piani di investimento (35%). Un’azienda italiana su venti ha dovuto adottare anche misure più severe come il licenziamento dei dipendenti (5%) o l’interruzione del pagamento delle fatture (13%).
“Anche se alcune decisioni sono state difficili da prendere, erano necessarie. Fortunatamente, il sentimento generale riguardo a come è stata affrontata la pandemia è alquanto positivo tra le piccole imprese: Il 68% ha affermato che la loro attività ha risposto bene alla situazione di crisi. Questa esperienza ci aiuterà ad affrontare meglio le sfide future, a potenziare i piani e i processi di investimento, ad andare incontro alle novità senza paura e a diventare più digitali. Inoltre, i prodotti e i servizi lanciati durante la pandemia continuano ad essere rilevanti perché le restrizioni anti-Covid-19 sono ancora in vigore e le persone continuano a seguire le abitudini digitali acquisite durante la pandemia” ha detto Andrey Dankevich, Senior Product Marketing Manager di Kaspersky.

L’automobile si cambia 5 volte nel corso della vita

Nell’arco della propria vita gli italiani sostituiscono la propria auto 5 volte. In media, ne acquistano una nuova ogni 7 anni e mezzo.
Un’indagine commissionata da Facile.it e MiaCar agli istituti di ricerca mUp Research e Norstat ha scoperto che a livello nazionale il 15% degli automobilisti cambia l’auto ogni 5-6 anni, e il 12,5% ogni 7-8 anni. Il 5,3% degli automobilisti dichiara invece di sostituire la propria vettura con maggior frequenza, ovvero, al massimo ogni 2 anni, mentre il 19% lo fa non prima che siano trascorsi almeno 10 anni.

L’automobile nuova si acquista più spesso nel Nord Italia 

I dati rilevati dalla ricerca però variano a seconda del genere e dell’area geografica di residenza degli automobilisti. Gli uomini, ad esempio, cambiano l’auto ogni 6 anni e mezzo, più frequentemente rispetto alle donne, che invece tendono a sostituire il proprio veicolo solo dopo 8 anni e mezzo. A livello territoriale, invece, emerge che gli automobilisti residenti nel Nord Italia cambiano l’auto più spesso, in media, prima del suo settimo compleanno, mentre al Sud e nelle Isole ogni 7 anni e mezzo, e nel Centro Italia addirittura ogni 8 anni e 3 mesi. 

L’età del mezzo è la ragione principale per sostituirlo 

In generale, la prima ragione che spinge gli italiani ad acquistare un nuovo modello è l’età del mezzo. Il 55% dei rispondenti dichiara infatti di cambiare la propria auto solo quando questa diventa vecchia. Il 36% degli intervistati, invece, spiega di aver sostituito l’auto perché la precedente aveva fatto troppi chilometri, mentre il 25,6% perché non era più adatta alle esigenze familiari. E se il 17,6% ha dovuto comprare un nuovo veicolo perché il precedente si era danneggiato a causa di un sinistro, non mancano coloro che cambiano l’auto abitualmente solo dopo pochi anni perché vogliono guidare un mezzo sempre nuovo (10,8%).

In media la prima auto si compra a 26 anni e mezzo

Se è vero che la patente di guida si prende normalmente intorno ai 20 anni, e che all’inizio molti utilizzano un veicolo di famiglia, per l’acquisto della prima auto gli italiani attendono, in media, fino a 26 anni e mezzo. Sebbene non vi siano differenze significative tra uomini e donne l’età varia in modo più marcato a livello territoriale. Nel Nord la prima vettura si acquista a 25 anni, nel Centro dopo i 26 anni e al Sud e nelle Isole addirittura solo dopo il 27 anni. In media, poi, questo veicolo lo si cambia dopo 8 anni e mezzo, con differenze tra uomini e donne. I primi cambiano la prima auto, in media, dopo 7 anni e 4 mesi, mentre le donne solo dopo quasi 10 anni.  A livello geografico, invece, la prima auto dura più nel Centro Italia (9 anni e 8 mesi) e al Sud e nelle Isole (poco più di 8 anni e 7 mesi), mentre nel Nord viene sostituita, in media, prima degli 8 anni di età.

L’effetto della pandemia sulla retribuzione media annua

Come conseguenza dell’ampio ricorso alla cassa integrazione durante la pandemia da Covid-19 nel 2020 le retribuzioni medie annue risultano profondamente influenzate dalla riduzione delle giornate retribuite dal datore di lavoro. Le vicende drammatiche del 2020 hanno avuto un impatto dirompente sulle retribuzioni dei lavoratori, e condizionano pesantemente l’analisi della dinamica. È uno degli aspetti che emergono dal XX Rapporto annuale dell’Inps. Non si può spiegare altrimenti, spiegano dall’Inps, sia la caduta della retribuzione media annua dei dipendenti, scesa da 24.140 euro nel 2019 a 23.091 euro nel 2020 (-4,3%), corrispondente a una perdita di poco più di 1.000 euro, sia la crescita contemporanea delle retribuzioni medie annue dei dipendenti full year (passate da 32.668 a 36.448 euro, +11,6%) e dei dipendenti part year (passate da 12.698 euro a 14.698 euro, +15,8%).

Una modifica nella distribuzione dei dipendenti per continuità di impiego

Secondo il XX Rapporto annuale Inps si tratta di una dinamica che sottintende fenomeni di selezione settoriale e professionale che rispetto all’anno precedente hanno ridotto e modificato la composizione dei dipendenti full year, e specularmente, aumentato e modificato quella dei dipendenti part year. È evidente, dunque, che il risultato complessivo finale di vistosa contrazione della retribuzione media annua è condizionato soprattutto dall’eccezionale modifica nella distribuzione dei dipendenti per continuità di impiego. Questo a causa della consistenza e della diffusione delle sospensioni dal lavoro causate dalla pandemia.

La riduzione dei contratti part time, dell’apprendistato e dei contratti a termine

Non a caso sono solo le retribuzioni del settore pubblico a evidenziare dinamiche nettamente più contenute, allineate con quanto usualmente si osserva di anno in anno, perché in pratica non ‘viziate’ dalle variazioni straordinarie delle giornate effettivamente lavorate. Analoghe considerazioni, spiega l’Inps, si possono proporre a proposito delle retribuzioni medie giornaliere. Anche in tal caso hanno influito le dinamiche eccezionali del 2020, con la riduzione, nella composizione della domanda di lavoro effettiva, sia dei contratti part time sia dell’apprendistato e dei contratti a termine.

Rimangono mediamente più stabili le retribuzioni nel settore pubblico

È per questo motivo, si legge ancora nel XX Rapporto annuale Inps ripreso da Adnkronos, che la retribuzione media giornaliera è aumentata per l’insieme dei dipendenti, passando da 96 euro a 98 euro (+2,8%). Anche l’incremento della retribuzione media dei dipendenti part year, passata da 73 euro a 79 euro (+7,5%) è effetto delle dinamiche già indicate. Rimangono mediamente più stabili, e rispetto al settore privato più alte, le retribuzioni nel settore pubblico.

Conoscersi online: il difficile rapporto tra gli italiani e le app di dating

Il 38% degli italiani ha paura di usare le app di incontri perché teme di poter essere raggirato da truffatori, mentre il 37% non si fida delle persone incontrate tramite queste applicazioni. Insomma, nel nostro Paese la ricerca dell’anima gemella online è ancora percepita all’insegna dell’incognita e del pericolo, come dimostrano i dati raccolti da Kaspersky. La nota azienda russa specializzata in cyber sicurezza ha infatti commissionato un sondaggio globale per indagare sul ruolo delle app di incontri e della tecnologia nelle relazioni amorose.

Dall’amore… alla truffa

Le persone che utilizzano app di incontri e social media per trovare un partner sono ormai milioni in tutto il mondo. Spesso però quello che trovano non è l’amore, ma malintenzionati che mirano al loro denaro. I criminali informatici sfruttano questi servizi perché sono consapevoli del fatto che la ricerca di legami interpersonali sia un fattore su cui si può facilmente fare leva per raggiungere i loro obiettivi. Tra i diversi tipi di truffe che si possono trovare nelle app di incontri, gli utenti italiani hanno riscontrato più spesso il catfishing (54%) seguito da link o allegati dannosi (20%) e furto d’identità (18%).

I consigli per non cadere nella rete

Dall’indagine è emerso come prestare attenzione e conoscere le tattiche dei truffatori aiuti gli utenti a non cadere nel tranello di malintenzionati. Ad esempio, non lasciarsi convincere a versare del denaro ha evitato al 54% degli italiani di essere truffato mentre prestare attenzione e rendersi conto che il profilo fosse falso ha evitato brutte sorprese al 47% degli intervistati. Il 43%, invece, non ha dato seguito ai messaggi sospetti mentre il 9% ha dubitato di fronte al rifiuto di fare una videochiamata.
Per evitare truffe durante gli incontri online, Kaspersky consiglia di controllare sempre le impostazioni sulla privacy dei propri account social media e app di incontri, per assicurarsi che i dati sensibili, come l’indirizzo di casa o il luogo di lavoro, non siano resi pubblici.
Un’altra buona dritta da seguire è quella di utilizzare una soluzione di sicurezza efficace che offra una protezione avanzata su diversi dispositivi, gestendo nel modo più veloce e sicuro le autorizzazioni e proteggendo dal phishing e da altre minacce.
Infine, è sempre meglio non condividere il proprio numero di telefono o il contatto di un’app di messaggistica. È più sicuro utilizzare le piattaforme di messaggistica integrate nelle app di incontri, almeno finché non si è sicuri di potersi fidare della persona con cui si sta chattando.

Assenza di privacy?

Un ulteriore problema per le app di incontri è l’assenza di privacy. Il 23% degli intervistati italiani, infatti, teme che i propri dati personali vengano diffusi online mentre il 14% degli utenti ha rimosso il proprio profilo dall’app di dating per mantenere private le proprie informazioni personali.

Giochi Olimpici e frodi online: ecco i rischi

Della serie: non si può mai stare tranquilli. Un evento bello e tanto atteso (solo adesso si possono svolgere le Olimpiadi estive di Tokyo 2020) porta inevitabilmente con sé dei rischi legati all’online. Il fatto che i Giochi siano senza pubblico ha sì ridotto il pericolo di contagi e di “furti” attraverso i Wi-Fi pubblici, ma non ha certo azzerato le insidie legate alla mediaticità della competizione e quindi ai rischi di pishing sul web. Insomma, anche quando si parla di Giochi Olimpici bisogna stare attenti, avvisano gli esperti di Kaspersky: gli analisti hanno infatti individuato pagine web false che offrono la visione di vari eventi olimpici in streaming, siti che vendono biglietti per competizioni che non avranno spettatori, finti giveaway e persino la prima valuta virtuale falsa dei Giochi Olimpici.

Tecniche sempre più sofisticate

 “I criminali informatici sfruttano gli eventi sportivi popolari come esca per i loro attacchi. Quest’anno le Olimpiadi non avranno spettatori, quindi non ci aspettiamo un gran numero di attacchi correlati. Tuttavia, sappiamo che i truffatori non hanno limiti quando si tratta di trovare nuovi modi per trarre dei vantaggi. Ad esempio, quest’anno abbiamo scoperto un’interessante pagina di phishing che vende il token ufficiale dei Giochi Olimpici. Non esistono altre truffe simili, il che significa che i criminali informatici non usano sempre le stesse tecniche, ma elaborano anche nuove idee più sofisticate”, ha commentato Olga Svistiunova, security expert di Kaspersky.

Dove si nasconde il pericolo

Dirette streaming, biglietti falsi, entità legate ai Giochi, omaggi e token: sono questi i principali ambiti in cui i criminali informatici si sono sbizzarriti. Ad esempio, per quanto concerne le dirette, gli esperti avvisano che esistono varie pagine di phishing che offrono la visione dei Giochi Olimpici in streaming. Alcune di queste pagine richiedono una registrazione prima di poter guardare la diretta. Di solito, una volta che l’utente immette le proprie credenziali, viene reindirizzato a una pagina contenente file dannosi che hanno l’obiettivo di installare malware sui dispositivi degli utenti e permettere ai criminali informatici di acquisire le loro informazioni personali e utilizzarle per scopi fraudolenti o venderle nel Dark Web. Ancora, sebbene non siano previsti spettatori dal vivo, c’è già un commercio di biglietti falsi e di altrettanto falsi rimborsi legati a ticket già venduti. Per non parlare dei siti fraudolenti che in realtà sono pagine di phishing mascherate da organizzazioni olimpiche ufficiali come ad esempio un sito web ufficiale per le Olimpiadi di Tokyo 2020 e una finta pagina del Comitato Olimpico Internazionale. Ma la creatività si è spinta fino alla possibilità di vincere omaggi legati ai Giochi (come una TV che non arriverà mai a casa del presunto vincitore) così come una valuta virtuale inventata ad hoc, spacciata come un fondo (ovviamente falso) a sostegno degli atleti olimpici.

Come proteggersi 

Le regole sono poche e sono sempre le stesse: gli utenti dovrebbero, oltre a installare sistemi di sicurezza sui loro dispositivi, controllare sempre le URL dei siti sospetti e soprattutto verificare l’autenticità dei siti Web prima di inserire i dati personali.

Lombardia, dalla Regione un nuovo impulso agli investimenti esteri

Obiettivo, convogliare sul territorio importanti investimenti esteri. Ha questo preciso scopo il nuovo passo effettuato dalla giunta, che ha recentemente definito i criteri della manifestazione di interesse per la mappatura delle opportunità di insediamento e di investimento in Regione. 
“La Lombardia – ha spiegato l’assessore allo Sviluppo Economico di Regione Lombardia, Guido Guidesi – è la Regione più attrattiva d’Italia e vogliamo continui ad essere meta privilegiata per gli investitori esteri. Questa iniziativa vuole dare un’opportunità concreta a chi vuole venire ad investire in Lombardia. Rispetto al passato abbiamo voluto introdurre importanti novità: la prima riguarda l’inclusione della tipologia di offerta progetti di riqualificazione e/o sviluppo urbano, la seconda l’ampliamento della platea di soggetti destinatari, oltre ai Comuni, anche Unioni di Comuni, Comunità Montane, Province e Città Metropolitane”.

Due diverse tipologia di offerta: opportunità di insediamento e riqualificazione

Le opportunità di insediamento e i progetti di investimento con le funzioni d’uso ammesse verranno pubblicati sulla piattaforma digitale, nuova e userfriendly www.investinlombardy.com. In merito alle tipologie di offerta, queste sono due, ben distinte fra loro: “La prima riguardante le aree edificabili ed edifici esistenti quali opportunità di insediamento per attività di tipo prevalentemente economico e comprendenti sia le aree pronte all’uso sia le aree e gli immobili dismessi. La seconda rivolta a progetti di riqualificazione e/o di sviluppo urbano strategici per il territorio quali opportunità di investimento. Per entrambe le tipologie di offerta potranno essere candidate opportunità di proprietà pubblica e/o privata, in questo secondo caso previa attivazione di una procedura ad evidenza pubblica” spiega una nota della Regione.

I vantaggi dell’investimento

L’ammissione alla manifestazione d’interesse offre i seguenti vantaggi: pubblicazione sulla piattaforma www.investinlombardy.com di una scheda informativa sull’opportunità di insediamento/progetto di investimento. Ed inoltre: la promozione delle opportunità di insediamento e dei progetti di investimento attraverso azioni specifiche e mirate in occasione di iniziative di promozione su scala nazionale e internazionale come eventi, meeting, conferenze, convegni, fiere, campagne di comunicazione ed editoria. Azioni queste realizzate in collaborazione con Promos Italia, il Sistema Camerale lombardo e nella collaborazione istituzionale tra Regione Lombardia e gli Enti della diplomazia economica italiana ed estera.
“Grazie a questo progetto oggi in Lombardia gli investitori italiani ed esteri hanno a disposizione dei servizi qualificati di supporto alle loro decisioni, con un unico punto di accesso e una piattaforma telematica dedicata che raccoglie le opportunità di investimento. – ha dichiarato Gian Domenico Auricchio Presidente di Unioncamere Lombardia. È con queste azioni concrete che vogliamo intercettare la ripartenza economica per consolidare l’attrattività del nostro territorio e contribuire così a creare nuovi insediamenti economici nella nostra regione.”
“Da anni la Lombardia ha saputo fare sistema – ha spiegato Giovanni Da Pozzo, Presidente di Promos Italia – enti ed istituzioni regionali collaborano tra loro e con omologhi nazionali ed internazionali con l’obiettivo di sviluppare progetti e politiche in grado di favorire l’attrattività. Non è un caso che la regione lombarda sia la più attrattiva d’Italia, con circa 200 progetti di investimento estero atterrati nell’ultimo triennio, e nel 2021 sono già 30 i progetti di investimento estero annunciati in Lombardia”.

Con l’Intelligenza Artificiale Facebook migliora l’e-commerce

Durante il Facebook AI Innovation Summit, l’evento annuale del Facebook AI Researche, che ha avuto luogo a Parigi il 30 giugno, il colosso dei social media ha presentato le novità che riguardano l’impiego dell’AI nelle funzionalità della piattaforma. Tra queste, Facebook ha mostrato anche gli strumenti pensati per rendere più semplice la proposta di prodotti sul web e l’acquisto da parte dei consumatori. Questa edizione del Summit si è svolta all’insegna del tema Costruire un mondo migliore grazie all’AI, e migliorare i suggerimenti per gli acquisti online è proprio uno degli obiettivi dichiarati di Facebook in relazione all’e-commerce.
Più in particolare, due sono le novità principali che interessano le inserzioni pubblicate su Facebook, sia quelle inserite all’interno di gruppi ad-hoc sia quelle inserite direttamente sulle pagine delle aziende, ovvero, il miglioramento del product match e il tagging assistito dall’Intelligenza artificiale. 

Il miglioramento del product match

Quanto alla prima novità, il miglioramento del product match, si tratta della tecnologia basata appunto sull’Intelligenza Artificiale, con cui Facebook riconosce un prodotto e ne consiglia agli utenti di simili. Il team di sviluppo di Facebook ha infatti aggiunto nuove componenti di classificazione delle immagini rilevate, arrivando a identificare anche elementi quali la marca dell’oggetto e le scritte presenti su un’eventuale confezione per aggregarlo meglio in determinate categorie.
Questo dovrebbe permettere sia risultati più attinenti sia durante la ricerca di oggetti da acquistare sia in fase di suggerimento di prodotti simili.

L’AI identifica i prodotti non taggati e suggerisce i tag in base al catalogo

La seconda novità, ovvero il tagging assistito dall’IA invece, permette a un venditore che pubblica un’immagine di un prodotto sulla propria pagina Facebook senza inserire i tag di avvalersi dell’AI per l’aggiunta di tag. In pratica, l’AI aiuta a identificare gli articoli non taggati e suggerisce i tag in base al catalogo dei prodotti dell’azienda. Nel momento in cui l’utente sta visualizzando un post non taggato, il sistema suggerisce prodotti simili sotto il post, presi dal catalogo del venditore stesso.

Su Instagram presto arriverà la ricerca visiva nella sezione ‘shop’

Le novità annunciate al Summit, riporta Ansa, non interessano solo Facebook, ma anche Instagram. Come ha spiegato il team di Facebook AI, sul “social delle foto” anch’esso di proprietà di Facebook, presto arriverà la ricerca visiva nella sezione ‘shop’, in modo che gli utenti possano trovare prodotti simili semplicemente cliccando su un’immagine.