Tra le varie analisi condotte dall’Istat, l’Istituto nazionale di Statistica, c’è anche quello che riguarda lo stato dell’arte dei contratti collettivi nel nostro Paese. Quello che emerge è un quadro con luci e ombre, con tempi di attesa decisamente lunghi per i rinnovi e preoccupazioni legate all’attuale situazione economica. Sostanzialmente, spiega una nota dell’Istat, l’aumento della spinta inflazionistica nel 2022 “porterebbe a una perdita di potere d’acquisto valutabile in quasi cinque punti percentuali”.
Contratti e dipendenti
Le ultimi rilevazioni si riferiscono al primo trimestre di quest’anno. Alla fine di marzo 2022, i 39 contratti collettivi nazionali in vigore per la parte economica riguardano il 44,6% dei dipendenti – circa 5,5 milioni di persone– e corrispondono al 45,7% del monte retributivo complessivo. Nel corso del primo trimestre 2022 sono stati recepiti cinque contratti. Si tratti di quelli riferiti a scuola privata religiosa, cemento, calce e gesso, edilizia, mobilità – attività ferroviarie e Rai. I contratti che, a fine marzo 2022, sono in attesa di rinnovo salgono a 34 e coinvolgono circa 6,8 milioni di dipendenti, il 55,4% del totale. Si tratta di un numero decisamente importante di contratti ancora in stand-by.
Tempi e retribuzioni
Tra le voci più negative dello scenario analizzato dall’Istat spicca invece il tempo medio del rinnovo dei contratti, che si è allargato e anche di molto. Come riporta la nota dell’Istituto, il tempo medio di attesa di rinnovo per i lavoratori con contratto scaduto, tra marzo 2021 e marzo 2022, è aumentato da 22,6 a 30,8 mesi, mentre per fortuna diminuisce lievemente per il totale dei dipendenti (da 17,7 a 17,0 mesi). Qualche segnale ottimistico, anche se di lievissima entità, arriva dall’andamento delle retribuzioni, anche se si tratta di una crescita resta contenuta. La retribuzione oraria media nel periodo gennaio-marzo 2022 è dello 0,6% più elevata rispetto allo stesso periodo del 2021. L’indice delle retribuzioni contrattuali orarie a marzo 2022 segna un aumento dello 0,1% rispetto al mese precedente e dello 0,7% rispetto a marzo 2021. In particolare, l’aumento tendenziale è stato dell’1,6% per i dipendenti dell’industria, dello 0,4% per quelli dei servizi privati ed è stato nullo per i lavoratori della pubblica amministrazione. I settori che presentano gli aumenti tendenziali più elevati sono quelli delle farmacie private (+3,9%), dell’edilizia (+3,3%), delle telecomunicazioni (+2,5%) e del legno, carta e stampa (+2,3%). L’incremento è invece nullo per il commercio, i servizi di informazione e comunicazione, il credito e assicurazioni e la pubblica amministrazione.