Quali sono le domande più frequenti poste ad Alexa?

Amazon conosce l’importanza della voce, per questo l’ha resa il cuore di Alexa, uno dei suoi servizi principali. Con il solo utilizzo della voce Alexa infatti semplifica l’organizzazione delle nostre giornate, scioglie molti dubbi, e ci aggiorna su quanto succede nel mondo. Gli ingegneri linguistici di Amazon lavorano costantemente affinché la voce di Alexa risulti sempre più naturale, piacevole e amichevole. In questi 3 anni e mezzo dal suo arrivo in Italia, Alexa ha infatti imparato a parlare la nostra lingua rispettandone ritmo, punteggiatura, e imparando a riconoscere gli accenti e i dialetti delle varie regioni. Ma quali sono le domande più frequenti poste dagli utenti italiani a cui Alexa ha risposto nei primi mesi del 2022?

Da “quando è stata distrutta Pompei?” a “chi ha vinto Sanremo?”

Tra le domande più gettonate ci sono quelle di stampo storico, come ad esempio, “Alexa, quando è stata distrutta Pompei?”, oppure “quanti anni ha la regina Elisabetta?”. Ma Sanremo è stato tra i topic più discussi, e la domanda più frequente è stata chi ha vinto Sanremo, o anche qual è l’età di Gianni Morandi, Blanco e Ornella Muti. Molte le domande anche su eventi di attualità e politica, come ad esempio in occasione della rielezione del Presidente della Repubblica, quando tanti utenti hanno chiesto quanti anni ha Mattarella. Più di recente, molti hanno chiesto ad Alexa cosa sta succedendo in Ucraina, chi è Putin e cosa ne pensa Alexa di questa situazione.

Tra quesiti sportivi e imitazioni di coccodrilli

Molte richieste degli utenti in Italia hanno riguardato gli eventi in calendario e le vacanze. Tra le domande più comuni, “quanto manca all’estate”, “quando è Pasqua?” e “quando è la Festa della Mamma?”. Anche gli eventi sportivi hanno suscitato molta curiosità: gli utenti hanno chiesto infatti come sono andate le Olimpiadi, “quando gioca la Juve? e “quando gioca il Napoli?”.
Ma Alexa è riuscita ad accontentare anche le richieste dei più piccoli, tra imitazioni di leoni e coccodrilli e la riproduzione di canzoni per bambini. Tra le richieste più curiose c’è sicuramente “Alexa, smonta l’albero di Natale’, l’unica a non essere stata esaudita.

Il numero di utenti attivi è cresciuto dell’80%

“Alexa è entrata nelle case dei clienti in Italia poco più di 3 anni fa, diventando giorno dopo giorno un vero e proprio membro aggiuntivo della famiglia – spiega Giacomo Costantini, Business Development Manager di Amazon Alexa -. Lo dimostrano le interazioni, oltre 5 miliardi nel 2021 in Italia, e il numero di utenti attivi, cresciuto dell’80% anno su anno. I clienti si affidano ad Alexa per rispondere ad alcune loro curiosità, ma anche per tenersi aggiornati su ciò che accade in tema di attualità. Sanremo, la rielezione del Presidente Mattarella, quanto sta accadendo in Ucraina, sono sicuramente tra le più ricorrenti nell’ultimo periodo”.

Gli italiani lasciano la casa di origine a 26 anni

L’età media a cui i ragazzi italiani lasciano il nido famigliare per andare a vivere in autonomia è piuttosto alta, se confrontata con la maggior parte dei paesi del Nord Europa. I giovani italiani restano in casa coi genitori fino a 26 anni, mentre nei Paesi nordeuropei la media è inferiore ai 22 anni.
Spesso però continuare a vivere con i genitori è una scelta obbligata, perché a costringere i ragazzi italiani a restare nella casa di origine è l’impossibilità di pagare un mutuo o un affitto prima di raggiungere l’età di 26 anni. Si tratta di una delle evidenze emerse dall’indagine realizzata dagli istituti mUp Research e Norstat per Facile.it, realizzata su un campione rappresentativo della popolazione italiana adulta.

Le donne se ne vanno prima degli uomini

Considerando l’uscita di casa da parte dei giovani italiani, l’analisi mostra una differenza tra uomini e donne. I primi, mediamente, lasciano la casa di origine appena prima di compiere 28 anni, le seconde, invece, poco dopo aver tagliato il traguardo del 25esimo compleanno.
Tra coloro che hanno lasciato la casa di origine, più di 6 su 10, pari a oltre 19 milioni di persone, lo hanno fatto per andare a convivere con il proprio partner, percentuale che arriva al 69,7% se si considera il solo campione femminile.
Più di 1 intervistato su 10, equivalente a oltre 3 milioni e mezzo di individui, ha lasciato il nucleo per lavorare fuori sede, mentre il 7,7% per studiare in una città differente da quella in cui viveva.

Quasi la metà va a vivere in affitto

Dove vivono oggi coloro che sono usciti di casa? Quasi la metà (48,7%), vale a dire più di 16 milioni di italiani, abita in una casa in affitto, percentuale che sale fino a raggiungere il 52,5% tra gli intervistati appartenenti alla fascia 25-34 anni. Sono 8 milioni (25,2%), invece, quelli che vivono in una casa di loro proprietà, ma ‘solo’ 3.300.000 (21,4%) sono donne. Ma tra chi non ha ancora abbandonato il nido famigliare, quasi 1 su 4 (vale a dire circa 2 milioni e mezzo di individui) è costretto a questa scelta perché nonostante lavori non può permettersi di andare a vivere da solo.

C’è anche chi torna da mamma e papà dopo il divorzio

A vivere questa condizione sono soprattutto le donne: se si prende in esame solo questo sottogruppo la percentuale arriva al 26,1%, ma anche chi ha un’età compresa fra i 25 ed i 34 anni (28,4%). Sono invece decisamente tanti i 30-44enni che abitano ancora con i genitori, pari a 2,7 milioni di intervistati.
Ma c’è anche chi preferisce rimanere con mamma e papà nonostante abbia la possibilità economica di uscire da casa (19,4%): più di 2 milioni.
Tanti, 450 mila (4,2%), anche coloro che sono tornati a vivere con i genitori dopo una separazione/divorzio. Tendenza diffusa soprattutto tra il campione maschile (6,6%), poiché nella maggior parte dei casi l’abitazione rimane alla donna.

Il lavoro autonomo fatica a riprendere quota

Anche se molti indicatori economici sono ora positivi dopo i mesi più duri della pandemia, c’è una voce che fa fatica a recuperare terreno: è quella del lavoro autonomo, stando ai dati diffusi in un’analisi della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, che attinge dai dati Istat relativi al terzo trimestre del 2021. In base al report, nonostante un lieve incremento (+1,3%) registrato a novembre sul mese di ottobre 2021, il loro autonomo non riesce a recuperare i valori pre Covid.

Giovani e donne i più colpiti

Negli ultimi tre mesi del 2021 si è registrato un calo di 350 mila occupati rispetto allo stesso periodo del 2019, scendendo a quota 4 milioni e 940 mila. La perdita maggiore tra le donne: -131 mila occupate, ma anche tra gli uomini i valori registrati sono elevati, considerato un decremento complessivo di 219 mila indipendenti. La pandemia ha senza dubbio accentuato le criticità di un modello di lavoro, quello autonomo, che ha perso appeal tra i lavoratori, soprattutto i più giovani. Nella fascia di età tra i 40 e 49 anni gli autonomi ,sono calati di 223 mila unità, mentre cali più contenuti si sono registrati nella classe 50-59 anni con 60 mila lavoratori in meno. 

Il commercio il settore più “fragile”

È il commercio il settore maggiormente colpito, riferisce Askanews: rispetto al 2019, infatti, si sono persi più di 190 mila autonomi; a seguire l’industria (43 mila unità in meno) e l’area dei servizi tecnici e professionali (34 mila autonomi in meno). Il settore dell’edilizia, invece, registra un buono stato di salute, con un incremento del lavoro autonomo negli ultimi due anni del 2,8%. Anche sotto il profilo professionale si registrano tendenze diverse. Le professioni tecniche sono quelle più impoverite con quasi 100 mila occupati in meno nell’ultimo biennio. I dati non sono più confortanti per le professioni intellettuali e ad elevata specializzazione: rispetto al 2019, infatti, si sono persi 73 mila lavoratori. A penalizzare ancor di più questo mondo è la diversità di tutela rispetto al lavoro a tempo indeterminato. Secondo l’indagine condotta ad aprile 2021 da Fondazione Studi e SWG, due autonomi su tre hanno dichiarato che la pandemia ha avuto un impatto negativo (51,8%) o molto negativo (14,9%) sul loro lavoro e il 53,5% ha affermato di aver registrato una riduzione del reddito. E anche le prospettive per quanto riguarda il 2022, riferiscono gli esperti, sono nel segno dell’incertezza.

Cybersecurity, sanità e ospedali minacciati dagli hacker

La pandemia ha dato una spinta ulteriore ai criminali informatici, e la sanità è sempre più nel mirino degli hacke. Un esempio è l’attacco alla piattaforma per le prenotazioni digitali della Regione Lazio, e sul Dark Web alcune piattaforme mettono addirittura a disposizione le dosi di vaccino Covid-19 di diverse case farmaceutiche, tra cui Pfizer-Biontech e Sputnik, ovviamente a prezzi da borsa nera. Ma la minaccia digitale entra anche negli ospedali e nelle strutture sanitarie italiane. Uno dei metodi più usati? Un membro di un gruppo cybercrime entra in ospedale e si mette in coda per un esame al poliambulatorio. L’obiettivo è individuare un punto rete non custodito, come un armadio di cablaggio. Qui, attraverso dispositivi per lo sniffing dei dati, ottiene le password, spesso in chiaro proprio perché l’ospedale utilizza applicativi antiquati, e non dotati di crittografia.

I vaccini “scontati” sul Dark Web

Quanto alla borsa nera dei vaccini anti Covid19, 800 fiale di Pfizer-Biontech vengono vendute sul Dark Web a 19.000 euro (in sconto da 34.000) e 1.000 dosi di Sputnik a 6.500 euro (in sconto da 8.000). Insieme ai vaccini vengono spedite le istruzioni dettagliate per l’inoculazione, i componenti, i contenuti dei trial clinici e il bugiardino con gli effetti indesiderati. I venditori sono recensiti con average score molto alti, forse anche per via della disponibilità. Non è infatti difficile contattarli via mail, WhatsApp o Telegram. Ma il punto più importante da difendere sono le banche dati. Cynet, società israeliana fondata nel 2015, ha messo a punto un sistema di automatizzazione il cui punto di forza è la caccia ai ransomware proprio nelle prime fasi dello sviluppo di una minaccia. Una volta riscontrato che le attività anomale non sono falsi positivi, Cynet trova la firma dell’attaccante, individua le macchine su cui ha messo le proprie credenziali e avvia un’attività di rimedio con il recuperare i dati esfiltrati.

Attenzione a non esporre dati sensibili

CybergOn, business unit di Elmec Informatica dedicata alla cyber security, spiega come proteggere le aziende del settore healthcare. Innanzitutto, non esporre i dati sensibili, e poi pianificare una strategia di protezione dell’azienda in ottica Data Loss Protection, ovvero, con un monitoraggio continuo. La difesa deve quindi essere coerente dal punto di vista della tecnologia per chi la eroga, e da quello della strategia aziendale per chi la riceve. Ma cosa deve fare l’esperto a cui è affidata la protezione dei dati di un’azienda sanitaria? Deve avere un’idea precisa del dominio critico da proteggere, pianificare la difesa e realizzarla.

La formazione dei dipendenti gioca un ruolo fondamentale

Di fondamentale importanza, riporta Adnkronos, sono le attività di vulnerability management, e l’awareness, ovvero la formazione. In alcune organizzazioni industriali la formazione dei dipendenti ha giocato un ruolo fondamentale, trasformando l’utente inesperto da possibile punto di ingresso per un attaccante a ulteriore scudo di difesa, arrivando quindi a ‘sventare’ mail di phishing e tentativi di truffe. Non meno importanti sono le attività continuative di Intelligence, che permettono di identificare nel minor tempo possibile l’esposizione di eventuali database aziendali nel web, sia clear, quello di uso quotidiano, o dark.

Lo shopping natalizio degli italiani

Nel periodo che precede il Natale, quello dove tradizionalmente si concentra la maggior parte degli acquisti, i marketer dovranno prendere in considerazione cinque fattori principali: finanziario, programmazione degli acquisti, rispetto dei valori dei consumatori, comprensione dei comportamenti e delle motivazioni legati agli acquisti, e modalità per catturare l’attenzione dei consumatori. Da quanto emerge dalla ricerca sul Natale 2021 di Yahoo, e realizzata da YouGov, per guadagnarsi l’attenzione del pubblico è altresì fondamentale che i marketer utilizzino progetti basati su un marketing mix di formati, canali e creatività. Un italiano su 4 quest’anno prevede di investire meno per gli acquisti natalizi, e la spesa media sarà di 242 euro, ma tra gli italiani emerge un cauto ottimismo. Il 66% dichiara infatti che la spesa sarà in linea con l’anno scorso.

Pianificare la ricerca dei regali prima di dicembre

Il 41% del campione pianifica la ricerca dei regali prima di dicembre, soprattutto i giovani tra 25-34 anni. Ed è novembre il periodo di picco degli acquisti, in particolare nel weekend del Black Friday, soprattutto tra i 16-34enni (45%), ma c’è anche un 20% del campione preoccupato della potenziale diminuzione della disponibilità di merce dovuta ai problemi di rifornimento e logistica globali. In ogni caso, i pagamenti alternativi, soprattutto la formula ‘compra ora e paga dopo’ (Buy Now, Pay Later, BNPL), sono quelli che interessano di più, tanto che il 28% ha già utilizzato questo tipo di servizio.

L’impegno verso la Corporate Social Responsibility

Mettere in risalto il proprio impegno verso la Corporate Social Responsibility, studiare nuovi packaging, mostrare più interesse verso il riutilizzo dei prodotti: così i brand si avvicinano di più agli interessi dei consumatori. Che nell’82% dei casi sono più predisposti a comprare alimenti e merci prodotte localmente (85% negli oltre 55enni). Nei prossimi 12 mesi il 43% dei 16-34enni acquisterà più prodotti di seconda mano e adotterà soluzioni di noleggio piuttosto che di acquisto. Infatti, in questa fascia di consumatori il 53% preferisce regalare ‘esperienze’ invece di prodotti. Se le donne sono più predisposte alle tematiche legate alla sostenibilità della distribuzione, l’85% dei consumatori è consapevole dei problemi legati allo smaltimento delle confezioni, e preferisce soluzioni realizzate in materiali biodegradabili, sostenibili o riciclabili.

Comprendere i valori e le motivazioni dei consumatori

Insomma, i brand devono dimostrare di aver compreso le modalità in cui stanno evolvendo le abitudini di consumo e le preferenze dei cittadini. È quindi necessario essere versatili, e puntare non solo sui benefici dell’acquisto online ma anche sui negozi tradizionali. Per catturare l’attenzione dei consumatori occorre quindi utilizzare un approccio omnicanale.
L’85% del campione farà infatti alcuni acquisti natalizi in questi ultimi, ma il 47% dei consumatori vuole mantenere un approccio ibrido, valutando di volta in volta i benefici di un canale rispetto all’altro. La Gen Z, poi, si aspetta di più dalla shopping experience, e nel 32% dei casi andare a fare shopping equivale a un’esperienza sociale da condividere con gli amici o con la famiglia.

Vacanze in autunno? Preferite le mete italiane e culturali

Già in occasione delle vacanze estive 2021 l’indagine Ipsos Future4Tourism faceva emergere segnali incoraggianti anche in merito alle vacanze autunnali degli italiani, con 4 italiani su 10 che ipotizzavano di concedersi un long week-end o una vacanza più lunga tra ottobre e dicembre. La nuova rilevazione conferma come il 61% degli italiani preveda di fare almeno un periodo di vacanza tra ottobre e dicembre, e quanto alla scelta della destinazione, per l’autunno 2021 il 70% dei viaggiatori sceglierà di rimanere in Italia. Rispetto alle vacanze che hanno caratterizzato il 2020-2021 per l’autunno si riscontra però una differenza, ovvero la ripresa delle vacanze culturali, delle visite a borghi e città d’arte.

La Toscana raccoglie il maggior numero di preferenze

I viaggi culturali durante la pandemia hanno registrato le maggiori flessioni. I viaggiatori, hanno infatti preferito dirottare le preferenze su destinazioni di mare o montagna, cioè mete all’aria aperta, in grado di adempiere idealmente al rassicurante distanziamento. Per il periodo ottobre-dicembre, invece si è tornati ai livelli pre-pandemia: il 44% dei viaggiatori italiani sceglierà mete culturali. Tra chi viaggerà in Italia la Toscana è la regione che raccoglie il maggior numero di preferenze (16%), seguita da Trentino, Lombardia, Puglia e Sicilia, con percentuali tra il 7% e il 9% ciascuna. Difficilmente la presenza degli italiani riuscirà però a sopperire alla mancanza di turismo internazionale, ma il fatto che si torni a prendere in considerazione anche il turismo in città d’arte, fa ben sperare per il medio termine e per la ripresa degli scambi turistici tra Paesi.

Si concretizza la speranza di tornare a viaggiare oltre i confini nazionali

Anche l’outlook per il periodo gennaio-marzo è positivo: il 39% degli italiani già a fine settembre dichiara che farà una vacanza nel primo trimestre del 2022, il dato più alto registrato dalla nascita del Future4Tourism per le vacanze invernali. In questo caso, la speranza che la pandemia sia effettivamente alle spalle o comunque le iniziative di contrasto abbiano esplicato il loro ruolo, fa sì che si concretizzi la speranza di poter tornare a viaggiare oltre i confini nazionali, con timidi segnali di ripresa delle mete Europee (24% di preferenze tra i viaggiatori invernali) ed extra-Europee (12%). Ovviamente i prossimi mesi saranno cruciali per confermare queste aperture relativamente al turismo oltre confine.

Le vacanze di Natale e sulla neve

Per il periodo natalizio sarà il 21% a concedersi un periodo di vacanza lontano da casa. Circa la metà, il 46%, includerà nel periodo di vacanza la notte dell’ultimo dell’anno, che tra le festività risulta quella più gettonata. Relativamente ai pernottamenti il periodo privilegia le sistemazioni ‘in casa’, di proprietà, di amici, o in affitto (45% delle preferenze) rispetto alle sistemazioni alberghiere (32%). Inoltre, il 94% degli italiani è sicuro che l’inverno 2021-2022 vedrà l’apertura degli impianti di risalita, anche se per la maggior parte (80%) con le necessarie limitazioni. Insomma, la voglia di vacanze e viaggi degli italiani è innegabile. Le previsioni non possono essere che positive, sempre che la pandemia sia in fase di duraturo contenimento.

Dal lancio di nuovi prodotti al contenimento delle spese: le strategie delle Pmi per resistere alla crisi

Come hanno risposto le piccole e medie imprese italiane alla crisi innescata dalla pandemia? Lanciando nuovi prodotti nel 30% dei casi. Lo rivela un recente studio di Kaspersky, evidenziando come la proposta di novità sia stata una delle strategie di risposta alle difficoltà imposte dal Covid-19 per il 30% delle piccole imprese italiane. I vari lockdown hanno avuto un impatto negativo sul benessere economico della maggior parte delle PMI italiane (62%), che hanno dovuto adottare molte misure di riduzione dei costi. Lanciare nuove offerte e opportunità di business, così come altre misure adottate, hanno consentito alle aziende di sopravvivere.

Le altre strategie di sopravvivenza

Non c’è solo il lancio di nuovi prodotti tra le azioni di risposta alla crisi da parte delle Pmi tricolori. Tra le altre mosse, spicca il fatto che quasi un’azienda su cinque (18,5%) è entrata in nuovi settori di business. Per le imprese operanti in settori quali eventi, intrattenimento, arte e cultura, o anche nel settore sanitario, questo può voler dire offrire un’alternativa digitale alle attività fisiche proposte. Oppure, negozi e ristoranti possono ampliare la loro offerta abilitando le vendite online e a domicilio. Le aziende produttrici invece potrebbero iniziare a produrre mascherine, disinfettanti e altri prodotti sanitari o concentrarsi su beni per il comfort domestico. Insomma, le imprese resilienti sono quelle che hanno saputo diversificare la loro attività.

Tagli alle spese, a tutti i livelli

Non sono ovviamente mancate decisioni più drastiche e dolorose, mirate al contenimento dei costi. Tra le misure più comuni ci sono stati i tagli al budget aziendale (37%) e l’introduzione del lavoro da remoto per quasi tutti i dipendenti (36%). Sempre per contenere le spese, le piccole aziende italiane hanno anche dovuto ridurre gli stipendi o gli orari di lavoro (27%) e riorganizzazione il budget o ancora bloccare i piani di investimento (35%). Un’azienda italiana su venti ha dovuto adottare anche misure più severe come il licenziamento dei dipendenti (5%) o l’interruzione del pagamento delle fatture (13%).
“Anche se alcune decisioni sono state difficili da prendere, erano necessarie. Fortunatamente, il sentimento generale riguardo a come è stata affrontata la pandemia è alquanto positivo tra le piccole imprese: Il 68% ha affermato che la loro attività ha risposto bene alla situazione di crisi. Questa esperienza ci aiuterà ad affrontare meglio le sfide future, a potenziare i piani e i processi di investimento, ad andare incontro alle novità senza paura e a diventare più digitali. Inoltre, i prodotti e i servizi lanciati durante la pandemia continuano ad essere rilevanti perché le restrizioni anti-Covid-19 sono ancora in vigore e le persone continuano a seguire le abitudini digitali acquisite durante la pandemia” ha detto Andrey Dankevich, Senior Product Marketing Manager di Kaspersky.

L’automobile si cambia 5 volte nel corso della vita

Nell’arco della propria vita gli italiani sostituiscono la propria auto 5 volte. In media, ne acquistano una nuova ogni 7 anni e mezzo.
Un’indagine commissionata da Facile.it e MiaCar agli istituti di ricerca mUp Research e Norstat ha scoperto che a livello nazionale il 15% degli automobilisti cambia l’auto ogni 5-6 anni, e il 12,5% ogni 7-8 anni. Il 5,3% degli automobilisti dichiara invece di sostituire la propria vettura con maggior frequenza, ovvero, al massimo ogni 2 anni, mentre il 19% lo fa non prima che siano trascorsi almeno 10 anni.

L’automobile nuova si acquista più spesso nel Nord Italia 

I dati rilevati dalla ricerca però variano a seconda del genere e dell’area geografica di residenza degli automobilisti. Gli uomini, ad esempio, cambiano l’auto ogni 6 anni e mezzo, più frequentemente rispetto alle donne, che invece tendono a sostituire il proprio veicolo solo dopo 8 anni e mezzo. A livello territoriale, invece, emerge che gli automobilisti residenti nel Nord Italia cambiano l’auto più spesso, in media, prima del suo settimo compleanno, mentre al Sud e nelle Isole ogni 7 anni e mezzo, e nel Centro Italia addirittura ogni 8 anni e 3 mesi. 

L’età del mezzo è la ragione principale per sostituirlo 

In generale, la prima ragione che spinge gli italiani ad acquistare un nuovo modello è l’età del mezzo. Il 55% dei rispondenti dichiara infatti di cambiare la propria auto solo quando questa diventa vecchia. Il 36% degli intervistati, invece, spiega di aver sostituito l’auto perché la precedente aveva fatto troppi chilometri, mentre il 25,6% perché non era più adatta alle esigenze familiari. E se il 17,6% ha dovuto comprare un nuovo veicolo perché il precedente si era danneggiato a causa di un sinistro, non mancano coloro che cambiano l’auto abitualmente solo dopo pochi anni perché vogliono guidare un mezzo sempre nuovo (10,8%).

In media la prima auto si compra a 26 anni e mezzo

Se è vero che la patente di guida si prende normalmente intorno ai 20 anni, e che all’inizio molti utilizzano un veicolo di famiglia, per l’acquisto della prima auto gli italiani attendono, in media, fino a 26 anni e mezzo. Sebbene non vi siano differenze significative tra uomini e donne l’età varia in modo più marcato a livello territoriale. Nel Nord la prima vettura si acquista a 25 anni, nel Centro dopo i 26 anni e al Sud e nelle Isole addirittura solo dopo il 27 anni. In media, poi, questo veicolo lo si cambia dopo 8 anni e mezzo, con differenze tra uomini e donne. I primi cambiano la prima auto, in media, dopo 7 anni e 4 mesi, mentre le donne solo dopo quasi 10 anni.  A livello geografico, invece, la prima auto dura più nel Centro Italia (9 anni e 8 mesi) e al Sud e nelle Isole (poco più di 8 anni e 7 mesi), mentre nel Nord viene sostituita, in media, prima degli 8 anni di età.

Conoscersi online: il difficile rapporto tra gli italiani e le app di dating

Il 38% degli italiani ha paura di usare le app di incontri perché teme di poter essere raggirato da truffatori, mentre il 37% non si fida delle persone incontrate tramite queste applicazioni. Insomma, nel nostro Paese la ricerca dell’anima gemella online è ancora percepita all’insegna dell’incognita e del pericolo, come dimostrano i dati raccolti da Kaspersky. La nota azienda russa specializzata in cyber sicurezza ha infatti commissionato un sondaggio globale per indagare sul ruolo delle app di incontri e della tecnologia nelle relazioni amorose.

Dall’amore… alla truffa

Le persone che utilizzano app di incontri e social media per trovare un partner sono ormai milioni in tutto il mondo. Spesso però quello che trovano non è l’amore, ma malintenzionati che mirano al loro denaro. I criminali informatici sfruttano questi servizi perché sono consapevoli del fatto che la ricerca di legami interpersonali sia un fattore su cui si può facilmente fare leva per raggiungere i loro obiettivi. Tra i diversi tipi di truffe che si possono trovare nelle app di incontri, gli utenti italiani hanno riscontrato più spesso il catfishing (54%) seguito da link o allegati dannosi (20%) e furto d’identità (18%).

I consigli per non cadere nella rete

Dall’indagine è emerso come prestare attenzione e conoscere le tattiche dei truffatori aiuti gli utenti a non cadere nel tranello di malintenzionati. Ad esempio, non lasciarsi convincere a versare del denaro ha evitato al 54% degli italiani di essere truffato mentre prestare attenzione e rendersi conto che il profilo fosse falso ha evitato brutte sorprese al 47% degli intervistati. Il 43%, invece, non ha dato seguito ai messaggi sospetti mentre il 9% ha dubitato di fronte al rifiuto di fare una videochiamata.
Per evitare truffe durante gli incontri online, Kaspersky consiglia di controllare sempre le impostazioni sulla privacy dei propri account social media e app di incontri, per assicurarsi che i dati sensibili, come l’indirizzo di casa o il luogo di lavoro, non siano resi pubblici.
Un’altra buona dritta da seguire è quella di utilizzare una soluzione di sicurezza efficace che offra una protezione avanzata su diversi dispositivi, gestendo nel modo più veloce e sicuro le autorizzazioni e proteggendo dal phishing e da altre minacce.
Infine, è sempre meglio non condividere il proprio numero di telefono o il contatto di un’app di messaggistica. È più sicuro utilizzare le piattaforme di messaggistica integrate nelle app di incontri, almeno finché non si è sicuri di potersi fidare della persona con cui si sta chattando.

Assenza di privacy?

Un ulteriore problema per le app di incontri è l’assenza di privacy. Il 23% degli intervistati italiani, infatti, teme che i propri dati personali vengano diffusi online mentre il 14% degli utenti ha rimosso il proprio profilo dall’app di dating per mantenere private le proprie informazioni personali.

Giochi Olimpici e frodi online: ecco i rischi

Della serie: non si può mai stare tranquilli. Un evento bello e tanto atteso (solo adesso si possono svolgere le Olimpiadi estive di Tokyo 2020) porta inevitabilmente con sé dei rischi legati all’online. Il fatto che i Giochi siano senza pubblico ha sì ridotto il pericolo di contagi e di “furti” attraverso i Wi-Fi pubblici, ma non ha certo azzerato le insidie legate alla mediaticità della competizione e quindi ai rischi di pishing sul web. Insomma, anche quando si parla di Giochi Olimpici bisogna stare attenti, avvisano gli esperti di Kaspersky: gli analisti hanno infatti individuato pagine web false che offrono la visione di vari eventi olimpici in streaming, siti che vendono biglietti per competizioni che non avranno spettatori, finti giveaway e persino la prima valuta virtuale falsa dei Giochi Olimpici.

Tecniche sempre più sofisticate

 “I criminali informatici sfruttano gli eventi sportivi popolari come esca per i loro attacchi. Quest’anno le Olimpiadi non avranno spettatori, quindi non ci aspettiamo un gran numero di attacchi correlati. Tuttavia, sappiamo che i truffatori non hanno limiti quando si tratta di trovare nuovi modi per trarre dei vantaggi. Ad esempio, quest’anno abbiamo scoperto un’interessante pagina di phishing che vende il token ufficiale dei Giochi Olimpici. Non esistono altre truffe simili, il che significa che i criminali informatici non usano sempre le stesse tecniche, ma elaborano anche nuove idee più sofisticate”, ha commentato Olga Svistiunova, security expert di Kaspersky.

Dove si nasconde il pericolo

Dirette streaming, biglietti falsi, entità legate ai Giochi, omaggi e token: sono questi i principali ambiti in cui i criminali informatici si sono sbizzarriti. Ad esempio, per quanto concerne le dirette, gli esperti avvisano che esistono varie pagine di phishing che offrono la visione dei Giochi Olimpici in streaming. Alcune di queste pagine richiedono una registrazione prima di poter guardare la diretta. Di solito, una volta che l’utente immette le proprie credenziali, viene reindirizzato a una pagina contenente file dannosi che hanno l’obiettivo di installare malware sui dispositivi degli utenti e permettere ai criminali informatici di acquisire le loro informazioni personali e utilizzarle per scopi fraudolenti o venderle nel Dark Web. Ancora, sebbene non siano previsti spettatori dal vivo, c’è già un commercio di biglietti falsi e di altrettanto falsi rimborsi legati a ticket già venduti. Per non parlare dei siti fraudolenti che in realtà sono pagine di phishing mascherate da organizzazioni olimpiche ufficiali come ad esempio un sito web ufficiale per le Olimpiadi di Tokyo 2020 e una finta pagina del Comitato Olimpico Internazionale. Ma la creatività si è spinta fino alla possibilità di vincere omaggi legati ai Giochi (come una TV che non arriverà mai a casa del presunto vincitore) così come una valuta virtuale inventata ad hoc, spacciata come un fondo (ovviamente falso) a sostegno degli atleti olimpici.

Come proteggersi 

Le regole sono poche e sono sempre le stesse: gli utenti dovrebbero, oltre a installare sistemi di sicurezza sui loro dispositivi, controllare sempre le URL dei siti sospetti e soprattutto verificare l’autenticità dei siti Web prima di inserire i dati personali.